LA TERRAFERMA E LE BONIFICHE DI ALVISE CORNER
Venezia, costretta anche dallo stato di conflitto permanente col Turco, si rivolse alla Terraferma che divenne con la sua campagna, il teatro dell’economia dello stato dall’ultimo quarto del Cinquecento. Tale tendenza è stata giudicata negativamente come “fuga dal mare” ma fu invece intelligente svolta imprenditoriale che permise il progresso dello stato, soffocato sempre più nei traffici marittimi, per altri tre secoli, dando vita alla “civiltà delle ville” che ha modulato il paesaggio del triveneto.
Col forte aumento dei prezzi del grano, molti quindi si volsero ad investire per le migliorie agricole e un grande esempio di questa tendenza fu Alvise (Luigi) Corner, famoso anche per aver pubblicato un trattatello sulla longevità in seconda edizione a 95 anni, dopo aver pubblicato la prima ad 83.
Egli apparteneva a un ramo povero di un casato illustre, ma la fortuna volle che ereditasse da un parente un terreno nella campagna padovana. Si dedicò anima e corpo a bonificare la sua campagna fino a che essa divenne tanto produttiva da poter farsi vanto di aver fatto la sua fortuna in quel modo, e poté spendere generosamente e con intelligenza facendo della sua casa di Padova un monumento architettonico con l’aiuto di architetti di prim’ordine.
Oltre al suo trattato “Della vita sobria” Alvise ne scrisse altri sulla conservazione della laguna e sulle bonifiche agrarie. Egli stimava che da un quarto a un terzo del padovano, del trevigiano e del friuli fose costituito da terreno incolto, tre quarti però poteva essere reso fertile con l’irrigazione e la bonifica.
Egli caldeggiava la sistemazione di questi terreni per poter liberare lo stato veneto dalla dipendenza verso paesi stranieri per la fornitura del grano ma servivano grandi lavori pubblici di bonifica, non potendo bastare l’iniziativa privata. Troppi erano i diritti su quelle terre incolte che un privato non poteva infrangere. E citava i monasteri, i mulini per il governo delle acque da incanalare e comunità locali.
E così nel 1556 fu nominata una Commissione ( I Provveditori ai beni inculti ) la quale intraprese vasti lavori di bonifica che mutarono, come abbiamo detto, il paesaggio veneto, incoraggiando e aiutando anche l’iniziativa privata. I proprietari terrieri formarono consorzi per ripartire costi e benefici.
Anche quando la Commissione appoggiava l’occupazione delle terre “per dominio eminente” il loro era un lavoro lento, svuotamento delle gore, allacciamenti con le chiuse fluviali, costruzione di canali ponte quando il fiume scorreva sopra il livello del terreno da prosciugare, chiuso da alti argini
Era questa, diceva il Corner, la vera alchimia, la trasformazione di terre desolate in campi fertili. Tali lavori resero i terreni veneziani molto vicini all’autosufficienza già nel XVII secolo riducendo la sua dipendenza dal mare.
Ho riassunto liberamente de Frederic C. Lane “Storia di Venezia” edito da Einaudi, lo trovate nelle librerie pubbliche. Una prova di come i Veneti sappiano governare il proprio territorio per tradizione secolare.