LE LEGGENDE DEL GARDA
Simonetta Dondi dall'Orologio
La nostra Terra è piena di leggende soprattutto legate, possiamo dire, all’acqua per la grande quantità che abbiamo nel nostro territorio e per la continua lotta dell’uomo per dominarla….
Questa leggenda è unita al Lago di Garda, all’epoca dei Longobardi…..ci racconta di un giovane re che possedeva la sua reggia sulla Rocca di Garda e si chiamava Ortnit.
Era un uomo giusto che guidava bene il suo regno e con saggezza, amato dai suoi sudditi e rispettato anche da altri sovrani.
I sudditi desideravano che lui si sposasse visto che viveva nella Rocca solo con la madre: i sudditi volevano anche che fosse bella e buona, degna del suo prestigio di re potente e della grandiosità del regno Longobardo.
Il re accondiscese però volle la collaborazione dei suoi sudditi visto che considerava l’impresa non facile.
Dopo varie discussioni sul tema, un giorno lo zio di Ortnit, Ilia, disse: “conosco in Oriente una bellissima principessa; ma bisogna superare a suo padre il re Macorel di Montabor, so che fa uccidere a chiunque che s’avvicini alla figlia”.
Ortnit immediatamente fu preso dall’entusiasmo e disse: “Miei fidi consiglieri ho deciso che la principessa di Montabor sarà mia sposa”.
Ortnit si accinse allora a mettere insieme ventimila soldati per la spedizione.
Ma poiché era inverno, rimandò il tutto alla bella stagione. Intanto, nell’attesa, decise di andare in cerca di avventure. Solo dopo insistenti preghiere, la vecchia e prudente madre, acconsentì, dicendogli: “Va figlio con la mia benedizione. Prendi questo anello, ti porterà fortuna, ma abbi cura di non levarlo mai dal dito. Dirigi il tuo cammino verso nord: sui fianchi del monte che costeggia il lago, un sentiero tortuoso ti condurrà in un’amena prateria oltre il bosco. In mezzo al prato stormisce un grande tiglio e, ai margini, da una rupe sgorga mormorando una fresca polla. Lì fermati e troverai ciò che fa per te”.
Ortnit, abbracciata la madre, montò in sella al suo focoso destriero e lasciò la Rocca. S’avviò verso il luogo indicato, dove giunse in un chiaro mattino, dopo molte ore di viaggio.
Trovò la prateria con il grande tiglio, la rupe e la sorgente. Ogni cosa intorno aveva un aspetto primaverile nonostante che si fosse nel mese di febbraio. L’erba d’un verde tenero e fresco, ravvivato da ciuffi d’erica, si piegava lievemente alla brezza mattinale, i fiori spargevano soavi profumi, gli uccelli gorgheggiavano e la vista sul lago azzurro era meravigliosa.
Un piccolo paradiso terrestre Ortnit fermò il cavallo in mezzo al prato, si guardò intorno stupito e scorse, sdraiato sull’erba un fanciullo vestito d’oro e brillanti, che godeva il rezzo del tiglio.
Smontò di sella, s’avvicinò e, credendo che fosse davvero un fanciullo, si curvò per prenderlo in braccio; ma quegli era, invece, il nano Alberico il quale cominciò a divincolarsi e a tempestarlo di pugni, mettendo a dura prova la sua forza.
Ortnit riuscì, però, ben presto a domarlo e, adirato, voleva ucciderlo, quando il nano s’inginocchiò supplicando: “ti scongiuro, sii generoso e ti ricompenserò. Io posseggo una forte armatura, uno scudo e una spada denominata la Rosa che ha il prodigioso potere di forare le corazze più resistenti.
Se tu mi lascerai la vita e la libertà io ti regalerò, in cambio, questi robusti arnesi guerreschi da me stesso fabbricati sul monte Caucaso”.
Ortnit lo ascoltò con interesse e rispose: “ebbene io ti lascerò la vita; ma tu devi promettere di aiutarmi a conquistare la figlia del re Marcorel di Montabor”.
Il nano fece anche questa nuova promessa; sennonché durante la conversazione, riuscì a strappare l’anello dal dito di Ortnit.
Bisogna sapere che ad Ortnit era concesso di vedere il nano soltanto per virtù magica del famoso anello e perciò, da quell’istante, il nano scomparve al suo sguardo ed Ortnit restò solo, smarrito ed avvilito.
Tuttavia l’avventura ebbe lieto fine perchè Alberico non tardò a farsi rivedere e a mantenere la promessa.
Restituì l’anello ad Ortnit e gli consegnò l’armatura e la spada Rosa.
Ortnit soddisfatto, prese la via del ritorno indossando la nuova armatura ed il nuovo elmo, che rilucevano come stelle. Venuta la bella stagione, dopo molti giorni di viaggio per terra e per mare, giunse a quella città, e il famoso mago Alberico che, invisibile a tutti gli altri accompagnava Ortnit, lo aiutò a rapire la principessa. Ortnit così potè tornare a Garda con l’esercito e la bellissima bionda futura sposa Sidrat.
Celebrate le nozze, Marcorel di Montabor, acceso d’ira e di dolore contro Ortnit per il rapimento della figlia, covava vendetta.
Un giorno, fingendo di essersi rappacificato, mandò dal lontano oriente alla Rocca di Garda, un cacciatore di fiere, quale ambasciatore di amicizia e portatore di doni.
Questi, giunto a Garda, consegnò a Ornit e a Sidrat i doni del re lontano, Macorel, e aggiunse anche che era stato incaricato di allevare due elefanti che, una volta adulti, sarebbero stati donati ad Ortnit.
Gli fu così assegnata una regione montuosa vicino a Trento dove poter allevare i grandi animali.
Ma nascostamente, quel cacciatore aveva portato per ordine di Marcorel, due uova di drago.
Dopo circa dodici mesi i draghi, nati e cresciuti, cominciarono a compiere nella regione la loro opera di devastazione. Alcuni guerrieri si cementarono con i draghi ma furono uccisi.
Ortnit decise allora di affrontare quei mostri. Una mattina, dopo aver indossato l’armatura e cinta la famosa spada, abbracciò la sposa in lacrime e partì a cavallo, seguito dal suo cane fedele.
Si diresse subito verso la dimora del nano Alberico per aver consiglio. Questi lo avvertì: “sta bene all’erta a non lasciarti prendere dal sonno, poiché, in tal malaugurato caso, saresti perduto e troveresti certamente la morte”. Ortnit riprese il viaggio alla ricerca dei draghi e cavalcò per notti e giorni, quando esausto decise di riposare un poco.
Purtroppo, fu vinto dal sonno e s’addormentò sull’erba. Subito i draghi sbucarono stridendo dal bosco. Il fedele cane si mise ad abbaiare furiosamente, ma non riuscì a svegliare il padrone, così che uno dei draghi potè agguantare Ortnit e portarlo nella sua caverna dove lo svenò succhiandogli il sangue.
Il cane tornò alla Rocca. La regina Sidrat, vedendo il cane tornare solo, ebbe subito la triste intuizione della fine del re e ne fu addoloratissima.
La vecchia madre non sopportò la sventura e morì. I sudditi longobardi pretendevano che Sidrat scegliesse un nuovo marito per avere un nuovo re, ma sempre rifiutò, poiché segretamente aveva dato ad Ortnit la parola di andare a nozze soltanto con colui che avesse ucciso i draghi e riportato la corazza e la spada magica Rosa come trofeo.
Fu tolto il governo alla regina, ridotta a vivere in povertà. Il regno, privo di una guida, ormai era stremato.
Accadde un giorno che un giovane eroe di nome Wolfdietrich, capitato nella zona infestata dai draghi, decise di affrontarli. Si diresse verso la caverna e vi giunse proprio mentre i draghi erano in lotta con una fiera. Il guerriero, approfittando del momento di stanchezza dei draghi, potè afferrare repentinamente e indossare l’armatura e la spada di Ortnit, abbandonate sul pavimento della grotta; indi si slanciò contro i draghi.
La spada Rosa colpiva e squarciava inesorabilmente. In pochi istanti i draghi furono sconfitti.
Wofdietrich, orgoglioso per la difficile impresa compiuta, partì subito verso la Rocca di Garda per portarvi la grande notizia. Quando Sidrat dagli spalti vide avvicinarsi un cavaliere dalla corazza e dall’elmo scintillanti, le si riaccese per un istante l’illusione che fosse il suo Ortnit e gli corse incontro.
Ella stava per abbracciarlo; ma Wofdietrich la respinse dolcemente e, facendosi conoscere, le annunciò l’uccisione dei draghi e le confermò la morte di Ortnit. Allora la regina Sidrat, con le lacrime agli occhi, diede il benvenuto al cavaliere e lo invitò a rimanere a Garda.
Grande fu la gioia dei Longobardi quando, passato qualche tempo, sulla Rocca di Garda furono solennemente celebrate le nuove nozze tra Sidrat e Wofdietrich.
[tratto da: Benedetto Lenotti: Leggende del Garda, cenni storici, miti, tradizioni, usanze, folclore. 1977]