LE SOCIETA’ SEGRETE, LA CONGIURA RIVOLUZIONARIA E LA NASCITA DELLE REPUBBLICHE
La Massoneria francese dopo il 1789 diventa la centrale organizzativa della propaganda in Europa. La componente sociale dei rivoluzionari – Filippo Buonarroti,il cospiratore per eccellenza – Il suo piano per infiltrarsi nel Regno di Sardegna ed occuparlo.
Negli anni successivi alla Rivoluzione del 1789, la massoneria, in particolare il Grande Oriente di Francia, diventava la centrale organizzativa della propaganda rivoluzionaria all’estero. Inizialmente essa agiva in Italia attraverso gli agenti diplomatici della Repubblica Francese nei vari Stati, come Charles-Louis Huguet de Semonville (1730-1839) a Genova, François Cacault (1743-1805) a Napoli, François Charles Hénin (1771-1847) a Venezia, Alexandre de La Flotte (1766-1794) in Toscana, Nicolas-Jean Hugon de Bassville (1753-1793) e il generale Léonard Duphot (1769-1797) a Roma. Le logge massoniche davano vita a club giacobini o si trasformavano direttamente in essi. L’abate massone calabrese Antonio Jerocades (1738-1805) fondava il primo club massonico-giacobino in Italia, dipendente dall’omologo circolo di Marsiglia, chiamato «Sans compromission» .
La composizione sociale dei club rivoluzionari era eterogenea: nobili, borghesi, preti, popolani: piccoli borghesi e professionisti ne costituivano la maggioranza. Numericamente rilevante era la presenza del clero. Non mancavano i giovani universitari, mentre notevolissimo era il numero degli ebrei, che lo storico Carlo Zaghi definisce «[…] gruppo potenzialmente “innovatore”, sensibile più di ogni altro alla ventata di libertà e di civiltà che veniva dalla Francia rivoluzionaria» .
Lo storico Carlo Botta (1766-1837), che ben conosceva i giacobini italiani, essendo stato egli stesso uno di loro, li definiva in questo modo: «[…] utopisti, i quali […] credevan esser nata un’era novella, e prepararsi un secol d’oro» [e che] «[…] misuravan gli antichi governi solamente dal male che avevano in sé e non dal bene» [e, ancora, tali che] «[…] ognuno si vantava di essere repubblicano» [, mentre a loro] «[…] le storie della Grecia e di Roma infiammavano gli animi» (3.
Il cospiratore per eccellenza, la figura dominante del settarismo italiano, era in quell’epoca Filippo Buonarroti (1761-1837) (4). Dichiaratamente seguace di Jean-Jacques Rousseau (1712-1778) — confessava: «[…] i dogmi dell’uguaglianza e della sovranità popolare infiammavano il mio animo» (5) — fu l’ispiratore di tutte le congiure giacobine che precedettero la seconda fase — iniziata nel 1796 — della campagna d’Italia dei francesi. Dopo la svolta termidoriana del 16 luglio 1794 veniva imprigionato dal nuovo governo rivoluzionario, perché coinvolto nella congiura comunista di François Nöel «Gracchus» Babeuf (1760-1797).
Tornato in libertà, in qualità di rappresentante dei giacobini italiani, illustrò al generale Pierre-François-Charles Augereau (1757-1816) il piano di insurrezione da attuarsi nel Regno di Sardegna — in guerra contro la Francia a partire dal 1792 — prima dell’invasione per propiziarne la riuscita. I punti-chiave del piano erano: unità d’azione fra tutti i gruppi rivoluzionari in vista dell’unità politica d’Italia, insurrezione nella capitale il giorno prima dell’attacco finale dei francesi e proclamazione della repubblica a Torino, instaurando un governo provvisorio, che evitasse le durezze dell’occupazione militare.
Secondo lo storico francese Jacques Godechot (1907-1994) (6), i rivoluzionari italiani avevano ben capito l’ideale dei giacobini francesi e lo avevano adattato con intelligenza alla loro situazione, grazie alla decisiva influenza che su di loro aveva esercitato Maximilien-François-Isidore de Robespierre (1758-1794). Certamente si erano a lui ispirati Buonarroti, il chirurgo romano Liborio Angelucci (1746-1811) — che da Venezia invocò l’occupazione dell’Italia da parte della Repubblica Francese —, don Giovanni Antonio Ranza (1741-1801), Enrico Michele L’Aurora (1760/64-1803?), e Carlo Salvador (?-1813), aggregato all’Armata d’Italia.