LEPANTO: LA GRAN BATTAGLIA ! COME AVVENNE LO SCONTRO.
DAL SITO www.kattoliko.it
….. La superiorità numerica, gli ordini avuti dal sultano e il suo temperamento personale indussero il comandante in capo della flotta turca, Alì, a non sottrarsi al combattimento, pur se nell’ambito dei comandanti turchi non poche voci si erano espresse in senso contrario.
Mentre le flotte si avvicinavano fu inalberato sulla galea del comandante in capo dell’armata cristiana lo stendardo della Lega, offerto da san Pio V, che recava in campo cremisi il Crocifisso con, ai piedi, le armi del Pontefice, di Venezia e della Spagna. Don Giovanni e il comandante pontificio, Marcantonio Colonna, imbarcatisi su due piccoli e veloci legni, percorsero tutto lo schieramento, ricordando la natura divina della causa per cui combattevano e che il Crocifisso era il loro vero comandante. A bordo, i cappellani confessavano e i capitani incitavano; gli equipaggi lanciavano grida di guerra .
Un contemporaneo ricorda che nelle galee cristiane “tuttavia si toccavano assiduamente gli tamburi e ogni altra sorte di istrumenti“, aggiungendo che esse “vogavano in bellissima ordinanza“, cioè stando molto vicine, in modo da impedire la penetrazione di gruppi di navi nemiche (22). Il mare si calmò improvvisamente, e ciò parve miracoloso agli esperti di mare. La battaglia si accese, dopo che dalle imbarcazioni ammiraglie erano partiti i primi colpi di artiglieria.
Mentre Gian Andrea Doria, a capo dell’ala destra dello schieramento cristiano, era costretto ad allargarsi per evitare la manovra di aggiramento tentata dal corno sinistro dello schieramento turco, comandato da Euldj-Ali (27) la battaglia si decise nel centro. Le artiglierie giocarono un ruolo tutto sommato secondario, anche se la superiorità di fuoco delle sei galeazze veneziane, pesantemente armate, rimorchiate in prima fila, ebbe un peso rilevante nel gettare un sanguinoso disordine nel cuore dello schieramento nemico. Decisiva fu la superiorità delle fanterie cristiane nella serie dei combattimenti ravvicinati tra singoli gruppi di galee, guidate da capi che “non mancavano di mostrare animo gagliardo e grande” (24). Intanto, “gran parte degli schiavi cristiani che si trovavano sopra l’armata nemica […]facevano ogni sforzo per procacciare il loro scampo e la vittoria dei nostri” (25).
Molti furono gli episodi di eroismo:… Morì, tre giorni dopo la battaglia, anche il comandante in seconda veneziano, Agostino Barbarigo, il quale, accorgendosi che ì suoi ordini non erano uditi bene, si scoprì il viso mentre “i nemici più fieramente saettavano; essendogli detto si coprisse […]rispose che minor offesa egli sentirebbe di essere ferito che di non essere udito“, e fu così ferito mortalmente (27). Del valore di don Giovanni si è detto; va anche ricordato il grande apporto del settantacinquenne comandante veneziano Sebastiano Venier.
I Veneti si impadronirono di 13 galere e 11 grossi vascelli, catturando ben 5000 prigionieri. contro trecento morti tra le loro fila ed altrettanti feriti. Le proporzioni della sanguinosa battaglia possono essere riassunte in poche cifre. Se i caduti cristiani furono circa 9 mila, quelli turchi furono 30 mila, e varie altre migliaia quelli catturati. Soltanto trenta navi turche riuscirono a fuggire; delle altre, centodiciassette catturate e divise tra gli Stati membri della Lega e le rimanenti andarono distrutte