L’ONORE DELLA PATRIA VENETA, fino al sacrificio del proprio figlio. E questa sarebbe ‘oligarchia’?
Antonio Venier, Dux Venetorum
Un esempio fulgido di moralità, spinta all’estremo, fino a sacrificare la vita del proprio figlio, ce lo offre il Doge Antonio Venier (1382-1400), che preferì fare morire in carcere il suo amatissimo erede, pur di non favorirlo con un provvedimento di clemenza.
Ecco quanto ci narra Pompeo Molmenti, nel suo volume “Le Dogaresse”:
“Luigi Venier, figlio del Doge, aveva stretto una relazione con la moglie di un gentiluomo, tale Giovanni delle Boccole e, una notte, decise di dileggiarlo, attaccando sul ponte che prendeva il nome della famiglia del marito, un paio di corna e alcune scritte turpi e villane. Dello sfregio codardo si conobbe l’autore, e l’offeso marito andò a lamentarse dal Doge, il quale ordinò che il figlio fosse posto subito in prigione. Fu poi condannato a 100 lire di ammenda e a due mesi nei Pozzi. Qui Luigi, preso da grave malattia, chiese di poter avere un poco di libertà onde rimettersi, ma il Doge inflessibile non volle accordarla, e il poveretto finì i suoi giorni in carcere.
La rigida severità paterna non si lasciò vincere neppure dall’angoscia della madre. Era nell’animo di tutti che la Patria e l’onore dovessero andare innanzi agli stessi affetti di famiglia….”
Si può immaginare lo strazio dei genitori, ma Antonio Venier preferì questo macigno nel cuore, all’onta di essere accusato di usare la carica massima per fini personali. Il peso di questa pietra sulla sua coscienza, sarebbe stato persino maggiore.