L’URLO DI DOLORE DEL VENETO INASCOLTATO.. NEL 1919
Milo Boz Veneto
Un Veneto distrutto, dalla guerra e dallo stazionamento della truppa italiana che devastava quanto era rimasto (ben poco) sul territorio, nell’immediato dopoguerra invece di essere ascoltato a Roma, suscitò l’ira dell’Alfano dell’epoca il quale minacciò di sospendere i pochi aiuti, se continuavano i lamenti. Dichiarò alla stampa: ” Non c’è nel Veneto nessuno speciale problema politico più grave e più minaccioso di quelli che incombono sulle altre regioni italiane: le voci di insurrezioni, di ribellioni, e di separatismi sono chiacchere senza fondamento”. Ecco invece quanto scriveva ‘IL RISORGIMENTO’ il 21 ottobre 1920: “Quando nel novembre del ’18 il nostro esercito iniziò e compì felicemente la liberazione del Paese (sic), il governo – assolutamente impreparato all’evento emanò una serie di provvedimenti inorganici, intempestivi e per la maggior parte inadatti, insufficienti o dannosi; e mentre questo avveniva, i reparti delle nostre truppe, privi di ripari e anche delle minime comodità, aggiunsero nuovi danni a quelli causati dal nemico, senza che l’autorità provvedesse a far sorvegliare i beni dei privati (fuggiti per l’avanzamento del fronte)”.
Insomma, un disastro totale, un disastro che continua ancor oggi, senza soluzione di continuità, tranne poche pause effimere, in cui la laboriosità di un popolo riprende ogni volta a ricostruire e ogni volta viene buttato a terra, come oggi. Ma la pazienza dei veneti è giunta al limite, ormai.
sunto dal libro di Bruno Pederoda, TRA LE MACERIE E MISERIE DI UNA REGIONE DIMENTICATA.