NELLO STATO DA TERRA REGNAVA IL CONTOTERZISMO….i semi dello sviluppo del Veneto del boom.
Di Ivone Cacciavillani
Un imprenditore, che secondo i criteri attuali sarebbe da inquadrare più nel commercio che nell’industria, commetteva a tanti imprenditori isolati la lavorazione di un certo prodotto, fornendo loro la materia prima da lavorare.
Il lavoro veniva per lo più svolto a “part time”, in quel tipico sistema di produzione mista, durata fino al secondo dopoguerra, quando si parlava ancora di “metalmezzadri“.
Nelle numerose famiglie patriarcali alcuni coltivavano la terra, altri lavoravano in piccoli laboratori domestici, spesso in condizioni di grande promiscuità con gli animali “agricoli”, i bovini usati per il lavoro dei campi.
Su questo schema di base, infinite erano le varianti locali; frequentemente, specie per le lavorazioni più complesse, l’imprenditore-committente forniva alla famiglia lavoratrice il macchinario occorrente con dei contratti sostanzialmente affini all’attuale “leasing”: il committente realizzava a sue spese il macchinario spesso nell’abitazione del lavorante, che ne ammortizzava il costo praticando tariffe di lavorazione più contenute per il committente-padrone.
Che in tali contratti fosse frequente lo sfruttamento del lavoratore, costretto a volte ad un’esclusiva per il committente padrone, era largamente ovvio, e su tale sfruttamento si fondarono le fortune di molti imprenditori.
(Ma) il sistema presentava enormi vantaggi sociali, perché induceva i lavoratori più scaltri ed intraprendenti a diventare “padroncini” e a cercarsi gli acquirenti del prodotto finito mettendosi sul mercato in proprio per poi crearsi a loro volta una catena di lavoranti a domicilio. Nacquero così delle zone produttive tipiche (vedi Schio per i tessile, il bellunese per la lavorazione del metallo) molto affini agli attuali distreti industriali.
da: “Lo Stato da Terra della Serenissima” di Ivone Cacciavillani.
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