PERCHE’ UN LEONE
Simonetta Dondi dall'Orologio
Bellissima è la storia del Leone Alato di Venezia……
Tutti sappiamo che il nostro Leone è l’essenza della Serenissima: questa rappresentazione dello Stato era presente ovunque nel territorio della Repubblica ed era obbligazione inchinarsi, compreso il Doge (la Porta della Carta).
San Gerolamo fu chi lo riconosce come simbolo dell’Evangelista Marco il leone nel 398 e questa attribuzione venne accolta, per la prima volta nell’iconografia religiosa, negli anni 532-547 in occasione della realizzazione del mosaico di San Vitale a Ravenna.
L’artista sormonta a Marco con un maestuoso ed “arrabbiato” leone.
A venezia dobbiamo aspettare fino all’898 quando il corpo del santo venne spostato da Alessandria a Venezia: qui divenne il protettore della città, soppiantando San Teodoro.
A partire da questo momento con un ruolo ogni volta di più politico in corrispondenza con l’avanzata del dominio veneziano sulle terre bizantine.
La rappresentazione iconografica è numerosa nel territorio della Serenissima e sono tutte riconducibili a due categorie principali: come un leone andante e, chissà il più antico, leone in “moeca” (definizione veneta della forma di un granchio).
Il leone in moeca (decisamente meno imperialista rispetto all’andante) è quello che conserva più valenze religiose essendo vicino all’iconografia usata nell’Apocalisse.
Il leone ha una storia “leggenda” bellissima: l’Evangelista non era solo un Santo, ma anche un attento studioso dei fenomeni naturali e non riusciva a spiegarsi come si producessero tuoni e lampi.
Un giorno pregò il Signore di permettergli di salire al cielo durante un temporale per studiare da vicino il fanone.
San Marco venne accontentato e riuscì a volare durante una tempesta.
Il Signore però si pentì di aver fatto conoscere a un mortale i segreti della natura e per impedire qualsiasi comunicazine di Marco con altri uomini, lo mutò in un leone alato, che potè ridiscendere a terra ma mai più comunicare con nessuno perché non appena apriva bocca quello che usciva era un ruggito che somigliava a un tuono.
Un paio di notazioni.
Il Doge ritratto a palazzo ducale davanti al Liòn andante non rappresenta se stesso, ma il “Principe”, cioè la stessa Veneta Serenissima Repubblica. Neppure il Leone Alato è solo San Marco come figura storica, ma rappresenta lo Spirito Immortale della Veneta Nazione.
Capito questo, si capisce che lo Stato si inginocchia davanti allo Spirito Immortale della Veneta Nazione perché la dimensione trascendente e sacra dello Spirito prevale su un’entità materiale, come lo Stato.
Poi, il corpo del santo venne spostato da Alessandria a Venezia non nell’898, ma nell’828.
Nel novembre 827 partono dieci navigli per raggiungere Alessandria e salvare le reliquie dell’Evangelista Marco, portandole a Rivoalto. La missione contrastava con l’embargo commerciale contro gli Arabi, ma lo stesso governo venetico incarica di attuare il piano segreto agenti selezionati per il loro coraggio (testimoniato dal tribuno Angelo Partecipazio). Erano Andrea, detto Rustego da Torcello (un ex carpentiere, divenuto poi commerciante), Pietro secondo ufficiale, i marinai Giacomo, Emilio, Nikos e Medes, il legato del doge Isepo Basejo detto Giusto, i soldati Brutus e Hubert de Gascoyne detto Franco, il medico ebreo Elihu ben Moische e il suo assistente Rebekan ben Moische. La flotta deve assistere la nave San Nicola, che si stacca dalle altre, di proprietà di Buono da Malamocco (eletto tribuno per essersi distinto nella battaglia navale contro l’esercito franco di Pipino il Breve, re d’Italia). Sbarcati ad Alessandria, i due mercanti avvicinano i padri custodi del santuario, Staurazio e Teodoro, che li avvisano che il califfo di Alessandria Mamum vuole costruire nuove moschee usando i marmi delle chiese cristiane, da demolire. Gli emissari della Venetia propongono ai religiosi di sostituire le spoglie di San Marco con quelle della martire Santa Claudia e di trasportarli nel viaggio a Rivoalto. I quattro allora nascondono le spoglie mortali in ceste di vimini sotto foglie di cavoli e di carne di maiale kanzir (che gli islamici, considerandola impura, non avrebbero mai toccato), che caricano sulla loro nave. Nonostante il mare agitato, la nave risale l’Adriatico fino a Umago in Istria, da dove i due comandanti inviano un’ambasciata alla Repubblica, che prepara la degna cerimonia di ricevimento.
Il 31 gennaio 828 il corpo di San Marco arriva a Venezia nel porto di Olivolo (sede vescovile nel sestiere Castello) dove ad accoglierlo ci sono il vescovo di Olivolo Orso, il doge Giustiniano Partecipazio e tutta Rivoalto. Rustego da Torcello e Bon da Malamocco ottengono in premio 100 libbre d’argento.