QUEL BRICCONE DI NAPOLEONE, la sentenza dopo l’arringa di Fogliata.
Nel 2004 si concludeva uno storico processo, per giudicare, codice internazionale in mano, l’operato di Napoleone nello stato veneto, da lui barattato poi con l’Austria; eccovi le conclusioni della autorevole giuria. Ma lo straordinario fu anche che ottenemmo, grazie all’impegno di Gigio Zanon e Paolo Borsetto, straordinari veneziani, di celebrarlo proprio a Palazzo Ducale. Grandissimo risalto mediatico in tutto il mondo prima, nei giornali locali (poi) . 🙂 Ecco quanto riportò all’epoca “la Nuova Venezia”.
Bonaparte era colpevole
Napoleone traditore di patti, ladro e assassino.
Arriva con due secoli di ritardo il giudizio legale sull’operato di Napoleone a Venezia. Ieri pomeriggio a Palazzo Ducale, dopo le accorate arringhe di accusa, parti civili e difesa, la lettura della sentenza – non storica, nè morale ma prettamente giuridica, come ha precisato la Corte – stesa da un collegio giudicante composto dai magistrati Antonio Fojadelli, Procuratore della Repubblica del Tribunale di Vicenza, Francesco Mario Agnoli, della Corte d’Appello di Bologna, Michele Maturi, sostituto Procuratore del Tribunale di Venezia, e dagli avvocati Alvise Bragadin e Giorgio Suppiej.
Dopo quattro udienze, migliaia di pagine di memorie e documenti prodotti, si chiude quindi con il riconoscimento della fondatezza delle accuse il processo contro Napoleone Bonaparte, un giudizio che in realtà suona come una condanna di certa storiografia. Un procedimento che partito in sordina ha saputo attirare l’attenzione dei media internazionali anche grazie alla qualità del dibattito sulla figura di Napoleone.
Una schermaglia giuridica che grazie alla preparazione degli avvocati ha offerto nuove letture sui fatti di quella tormentata epoca. Intensa sia per capacità oratorie che per puntualità di ricostruzione dei fatti la tesi dell’Avogaria de Comun, in vulgo accusa, sostenuta dagli avvocati Renzo Fogliata e Giuseppe Frigo.
Napoleone aveva fin dal 1796 un piano strategico per impossessarsi delle terre della Serenissima. Un piano poi aggravato da efferati delitti, ingiustificate ruberie e devastazioni. Atti contro cui si espressero molti membri dello stesso Direttorio francese che per questo furono poi uccisi da Napoleone.
Più che un liberatore, più che l’ambasciatore di libertà eguaglianza e fratellanza, Napoleone fu invece un sanguinario generale che si occupò d’arricchire se stesso e la Francia depredando, oltre ogni limite del diritto di preda bellica, le terre venete. Un uomo che chiamava «materia prima» i coscritti alla leva militare, che trascinò alla morte nella campagna di Russia ben 26 mila veneti dei 27 mila che obbligò alla coscrizione.
Un generale che in un delirio di onnipotenza portò la guerra in tutta Europa dando il là ai terribili nazionalismi. Restando in terra veneta Napoleone, il liberatore del popolo oppresso, fu ironia della sorte avversato e a volte combattuto spontaneamente proprio dai più poveri, le masse dei contadini, i valligiani, gli schiavoni, che si opponevano all’invasore al grido di «Viva San Marco». Una verità storica tanto forte, quanto celata dalla storiografia, che ha spinto alla commozione l’avvocato di parte civile Paolo Doria quando ha ricordato la floridità economica ed il benessere di Vicenza anche durante gli anni che precedettero la caduta di Venezia.
«Vicenza era un polo industriale più importante di quanto lo sia ora, con scuole pubbliche, 13 ospedali, illuminazione delle strade e progetti pubblici come la costruzione della strada Vicenza-Padova. L’avvento di Napoleone cancellò con conseguenze secolari tutto questo» – ha detto Doria.
Di offesa allo «ius gentium» e di violento stravolgimento culturale con imposizione di una nuova ideologia hanno invece parlato gli altri avvocati di parte civile Giovanni Fabris e Vittorio Selmo. Di fronte alla mole d’accuse la difesa ha reagito cercando di spostare l’attenzione dai delitti di Napoleone all’inedia del Maggior Consiglio. «In queste sale aleggia lo spirito del vero responsabile della caduta della Serenissima, quel Lodovico Manin ultimo pavido Doge che dovrebbe essere processato da tutti gli amanti della storia veneta», ha detto l’avvocato Vito Quaranta.
«Quella di Venezia non fu una perfetta neutralità, la Serenissima era per affinità più vicina all’ancién regime e lo dimostrò consentendo alle truppe austriache di occupare molte sue fortezze. Un atteggiamento che ritardò di un anno l’avanzata dei francesi e che provocò Napoleone» ha invece sostenuto l’avvocato Christian Serpelloni.
Una coraggiosa difesa che non ha impedito alla Corte di sentenziare – sulla base delle norme e regole di comportamento comunemente riconosciute nell’ambito europeo anche all’epoca dei fatti – la responsabilità di Bonaparte per:
l’aggressione della Repubblica di Venezia senza rispetto della neutralità;
gli atti di impossessamento e devastazione di beni artistici, al di là del diritto di preda bellica;
gli atti contro le persone senza la giustificazione della guerra;
e infine per l’arbitraria cessione, con il trattato di Leoben, di territori di uno stato sovrano.
ARCHIVIO DE “LA NUOVA VENEZIA” 2004.