SUL “BRUSAMARZO” O “BATIMARSO” UNA PILLOLA DI TRADIZIONE VENETA
Trovo interessante trascrivervi un paragrafo dall’enciclopedico libro di Piero Favero. Risulta evidente che tali riti antichissimi di tradizione precristiana si collegano al risveglio imminente della natura e certi tratti di licenziosità verbale rimandano ai riti antichi pagani, senza dubbio alcuno. Non a caso un esponente ecclesiale cercò di frenarli in trentino. Ma accadde anche da noi nel Veneto.
“Col nome di “Brusamarzo”, la Festa del Capodanno veneto è stata egregiamente riproposta a Zugliano (Vi) e nei comuni della pedemontana berica, ove la notte della vigilia, il 28 febbraio, si spengono le luci per ammirare lo spettacolo di decine di falò i cima ai colli, e si ode ovunque il frastuono musicale del Battimarzo prodotto da strumenti a percussione e di fortuna.
Anche a Forni di Sotto, nell’alta valle del Tagliamento, la sera dell’ultimo giorno di febbraio un gruppo di giovani e bambini con campanacci ed altri oggetti, si reca davanti alle case delle ragazze non sposate, declamando una formula nella quale vengono pubblicizzati i fidanzamenti reali o più spesso supposti e di tipo satirico; il testo impiegato è in lingua venetizzante, estraneo rispetto alla quotidiana parlata friulana del luogo.
L’area della festa del “Calen di marzo”, oltre che a Trento e Rovereto, si estende alla Valsugana, alla Valcamonica, alle provincie di Verona, Vicenza, Rovigo, come pure all’Istria. Nel “tratomarzo” trentino i giovani appena entrati in età adulta (i coscritti) accendono un gran falò su un’altura ed annunciano pubblicamente ai paesani le coppie dell’anno con urla e schiamazzi in rime licenziose.
A questo proposito eccovi un documento storico interessantissimo contro il “Tratomarzo” del 24 febbraio 1612 redatto da un cardinale per conto del vescovo di Trento:
Intendendo noi che costì si osserva da alcuni discoli un certo abuso di andare nelli ultimi giorni di Febraro et primi di Marzo in compagnia per la villa con campanelli ed altri strepiti, proponendo maritaggi fino alle bestie et peggio, dal che ne nascono scandali e disamicizie tra famiglie, cosa che a noi sommamente dispiace et, volendo levare tal abuso, ti comandiamo che debbi in nome nostro proibire con pubblico proclama, che niuno ardisca promuovere, ne intromettersi in simil indecente abuso sotto la pena de 50 marche, di corda, gallera et altre arbitrarie secondo la qualità delle persone…
Da “LA DEA VENETA” di Piero Favero, Cierre grafica