I PRIMI DENIGRATORI DI VENEZIA SIAMO NOI VENETI? Lo stipendio del doge Manin
Mi è arrivato un messaggio in posta, di un veneziano doc in cui egli rinfacciava l’enorme stipendio dell’ultimo doge Manin, oggetto del resto di una campagna denigratoria che dura da un paio di secoli, da parte di storici moderni di deriva illuminista (liberale o marxiana, non ha importanza). Ora, possiamo dire tutto, del povero Lodovico, ma non che, a differenza di certi Presidenti della Repubblica bananiera attuale, si sia messo a “fare il Doge” con l’intento di lucrarci su. Invece lui accettò l’incarico con sofferenza grande, per spirito di sacrificio e senso di dovere verso la Patria, su questo convengono anche i detrattori più accaniti.
Fare il Doge, di solito, comportava spese enormi di rappresentanza, e non a caso la scelta ricadeva su esponenti di famiglie ricchissime. Alla fine del ‘700, erano rimasti davvero in pochi con le risorse necessarie. L’appannaggio, che al mio ingenuo corrispondente pare enorme, serviva a malapena (e non bastava) a coprire le spese enormi che la carica comportava. Il Principe, come veniva chiamato, doveva mostrare al mondo la ricchezza e la potenza della Repubblica, e con questo rassicurare il popolo sulla saldezza del governo veneto. La classe nobile ormai non era più quella dei tempi d’oro, la ricchezza era nelle mani di una borghesia emergente che tuttavia non partecipava al governo vero dello stato. Non fosse arrivato il farabutto corso, anche il potere politico, inevitabilmente, avrebbe mutato assetto. Smettiamola, come dei Tafazzi, di martellarci gli zebedei da soli, incitati in questo, da chi ha tutto l’interesse a mistificare la nostra grande storia, grande per molti aspetti fino all’ultimo istante.