L’AQUILA, LA MESSAGGERA DEGLI DEI SCESA IN VALLE.
L’AQUILA
L’aquila quel giorno aveva deciso di posarsi sul cassonetto delle immondizie, a due passi da casa. Che quella scelta fosse casuale, o che, con i suo occhi vigili, dall’alto del cielo della valle lei avesse studiato le mie abitudini e i miei orari, e deciso di incrociare per pochi istanti, la sua vita di Dea delle vette con quella di un comune mortale, resterà un mistero.
Il fatto era evidente, comunque: non era quello il posto di un’aquila e io poi fui portato a credere che volesse parlarmi, come fanno gli Dei agli umani, in maniera regale. “Tu, uomo, stai entrando nel mio regno, che è tornato ad essere incontaminato ormai da tempo, e noi ti accogliamo e ti osserveremo benevoli. Ma tu rispettaci, entra nel Tempio della Natura in punta di piedi e a bassa voce, cosciente di essere un nulla destinato a sparire nel breve volgere di una manciata di anni, e noi ti doneremo forse qualche giorno di pace”. Dette queste cose, per cui Lei era scesa delle scoscese pareti del Fontanasecca, aprì le sue enormi ali, e con calma mi passò davanti, fino a coprire con la sua sagoma l’intera visuale del cruscotto dell’auto, e spiccò il volo verso la cima della montagna.
Oggi ancora la vedo, di tanto in tanto; la sua sagoma risalta contro il cielo azzurro, mentre osserva ogni cosa del suo Regno, molto in alto, ormai irraggiungibile. Sono passate molte stagioni da quell’incontro, ma io so che è sempre Lei, perché gli Dei non muoiono mai, e mi piace pensare che il suo sguardo regale si posi sul tetto della mia dimora, guardi le spirali del fumo uscire pigramente nel freddo inverno dalla canna fumaria del camino, o osservi i ghiri correre sopra il tetto, d’estate, con qualche mela rubata tra i denti, e sia contenta di noi, di non essersi pentita del permesso accordatoci quel giorno, tanti anni fa.
II vostro Milo Boz dal bosco.