SULLE TRACCE DI REITIA, IN VAL VENOSTA.
CE ne parla l’illustre Piero Favero, nel suo “La Dea Veneta”.
La val Venosta (Vinschgau in Sudtirol), famosa per le ottime mele e per essere la dimora del famoso alpinista Reinhold Messner .. è nota anche per un campanile che affiora isolato dalle acque di un lago, lasciando al turista attonito il senso di un luogo sacro sommerso e dimenticato.
In realtà, nel profondo delle acque, mistero nel mistero, c’era un lago dedicato al culto della dea, distrutto dall’affronto irriverente contro la cultura e contro la popolazione locale di chi ideò la barriera del lago artificiale, (per costruire la diga il paese di Resia fu raso al suolo nel 1949 e i suoi abitanti, “in nome dell’interesse nazionale”, dovettero emigrare altrove).
L’originale sacro lago di Resia, primo bacino delle vicine sorgenti dell’Adige, ha infatti preso il nome dalla dea veneta Réitia, così come il vicino passo di Resia. Lo stesso vale, in Friuli, per il vicino passo di Resia, che secondo Jan Boudin de Courtnay appartiene alla categoria dei toponimi formatisi già nel tempo del dominio romano, e pertanto si presta al confronto con la Regione della Raetia. I Romani hanno prontamente restituito il vero nome delle tribù che vivevano in Tirolo, e tra queste, in val Venosta, ecco i Venostes.
Raeti in multas civitates divisi scrive Plinio. In merito ai Reti c’è un malinteso di fondo perché non è mai esistita una tribù così chiamata, bensì una provincia romana che ha preso il nome non dai Reti “ma dalla custode delle chiavi che aprono alla terra le porte della primavera”, cioé dalla dea Réitia. Identico il caso dei Britanni, la cui idea di popolo è parimenti una costruzione artificiale, poiché alla Britannia i Romani hanno imposto il nome della dea Britannia e non di una tribù…
Da “La dea veneta” di Piero Favero pag. 212