Tiziano Vecellio, Il doge Antonio Grimani dinanzi alla fede (1570 – 1575)
Olio su tela, 373 x 496 cm
Venezia, Palazzo ducale, Sala delle Quattro Porte
Il dipinto è l’unico dei quadri votivi dogali di Tiziano a essere sfuggito agli incendi che colpirono Palazzo Ducale nel 1574 e nel 1577. Il quadro fu infatti commissionato dal Consiglio dei Dieci nel 1555, ma rimase a lungo nella bottega del pittore e fu collocato della Sala delle Quattro Porte del palazzo dopo la morte dell’artista e dopo aver subito alcune modifiche (le due figure laterali delProfeta e del Portabandiera ) a opera di Marco Vecellio o di un altro allievo dell’artista.
Il telero non fu commissionato da Grimani, come prevedeva la norma, ma richiesto alcuni anni dopo la sua morte per il desiderio di non interrompere la tradizione e di onorare la memoria del doge defunto. Grimani, prima di diventare doge, aveva ricoperto la carica di “capitano generale da mar”, che gli aveva recato amare delusioni (la sconfitta subita dai Turchi presso Zonchio nel 1499 e un conseguente processo intentato contro di lui dalla Repubblica) e persino umiliazioni (la pubblica ammenda in catene), prima della riabilitazione e dell’elezione a doge.
Questo spiega perché Tiziano abbia ritratto il doge non in vesti dogali, ma in armatura, nelle vesti cioè del miles christianus, sottolineando il suo ruolo di difensore della Fede. L’atteggiamento di Antonio Grimani, con le braccia aperte, che ricorda quello di san Francesco mentre riceve le stimmate, e il corno ducale tenuto in mano da un valletto, mostrano come il pittore abbia voluto dare del doge un’immagine di umiltà e di intensa devozione. Tiziano seppe interpretare il messaggio ideologico e politico che Grimani aveva espresso con la sua condotta, enfatizzando l’intensità del colloquio tra lui e la personificazione della Fede, avvolta dalla luce, circondata da angeli e recante i simboli della croce e del calice.
A sinistra compare la figura di san Marco, che leva lo sguardo verso l’apparizione divina, mentre sullo sfondo si apre una luminosa veduta di Venezia e del suo porto, stipato di imbarcazioni, simbolo della sua potenza navale, celebrata nonostante la memoria della sconfitta che la figura del doge portava con sé. (M.@rt)
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[…] volle lasciare Venezia dopo la morte del Bellini perché poco tollerante nei confronti di Tiziano Vecellio la cui arte innovativa iniziava a spopolare nella città. Il suo ultimo capolavoro, dipinto a […]
[…] Tiziano Vecellio, nacque a Pieve di Cadore intorno al 1477. Arrivato a dieci anni a Venezia, ch’egli ritenne sempre casa sua, ebbe protezione da parte di imperatori, amicizie di re e di principi ma rimase fedele alla Repubblica di cui si dichiarava servitore. […]