Una nascita problematica
di Antonella Todesco
la nascita di Venezia, datata V-VI secolo è di fatto la nascita di quello che oggi si direbbe “comprensorio di bonifica” le cui fasi sono le seguenti: col materiale ottenuto dalle canalizzazioni si arginava l’area delimitata e con la tecnica del prosciugamento veniva eliminata l’acqua dalla zona paludosa facendola defluire durante la bassa marea, si colmava poi la nuova isola e la si consolidava con palificazioni. Si ebbe cosí un intenso procedere di aperture, scavi e interramenti su terreni faticosamente conquistati, opera alacremente continuata fino agli inizi del secolo scorso.
L’impresa, vista a posteriori, appare faraonica non solo per le difficoltà materiali della stessa,ma anche per tutta una serie di questioni politiche.
Spiega il Tassini, ad esempio, che la Calle Stendardo di San Nicoló ricorda un’antenna che issa un gonfalone “in segno di comunità separata dal resto della popolazione” e ciò induce a credere che alcuni tra i primi nuclei stanziati, per spirito di indipendenza che sfociava in confronti antagonistici, non tollerassero integrazioni.
Basti pensare che le violente competizioni ludiche tra Castellani e Nicolotti andavano ben oltre l’agonismo campanilistico e si sa che la loro trascorsa libera condizione era simboleggiata da due Dogi di cui i centri trovatisi aggregati a Rivoalto, rispettivamente si privilegiavano: altro segno della volontà autonomistica dei primi gruppi del complesso insulare, prima che questo pervenisse alla costituzione di un’unica entità politica e sociale.
Ritornando alla laboriosa formazione di Venezia viene da pensare, per un parallelismo, alla sua conformazione, alla singolare struttura territoriale che non si sa bene se voluta o casuale. La città è sorta prendendo spazio su un terreno precario, di fragile consistenza e variabile nelle sue perenni trasformazioni; dal momento che il miracolo è avvenuto si potrebbe commentare che qualsiasi porzione di palude avrebbe potuto essere fagocitata nel contesto e resa abitabile e quindi Venezia potrebbe aver potuto rappresentare mille diverse altre immagini.
Si dovrebbe comunque credere a una ben precisa determinazione, se dalla famosa prima raffigurazione dei suoi contorni ad oggi la città non risulta troppo alterata nella fisionomia.
Tra i problemi che i veneziani dovettero continuamente affrontare vi era il pericolo di non doversi trovare in qualche modo uniti alla terraferma e poco mancó che accadesse, se il diarista Priuli riporta che “…non si trovó esservi luogo più vicino alla terraferma che il convento di Santa Marta che non era distante un miglio dalla medesima…” E poi il bradisismo con il conseguente aumento del flusso marino (le chiese più antiche celano due o tre pavimentazioni sotto quella praticabile) e inoltre il problema dell’impaludamento.
Per questo aspetto Venezia rischió di scomparire decadendo all’origine di misero villaggio di pescatori quando, il 19 agosto del 1214, si discusse la proposta di trasferire la sede a Bisanzio, deliberazione che venne respinta per due soli voti.”
liberamente tratto da: “Lagunarie”, L. Todesco