14 AGOSTO 1944 LA MITRAGLIA ALLEATA SU VENEZIANI INERMI
Una vicenda terribile: caccia alleati volano sul bacino di san Marco per colpire una nave ospedale tedesca (e già questo atto era una cosa vergognosa, che violava ogni legge di guerra), ma non contenti della preda inerme, cominciano a mitragliare un vaporetto, diretto a Fusina, pieno di gente comune, di disperati, come una madre di famiglia di 44 anni, che sperava di trovare qualche erba selvatica, nella terraferma, per sfamare i suoi figli. E fu crivellata di colpi insieme ad altri inermi. Vorrei sbagliarmi ma credo che ancora oggi non vi sia una lapide a ricordare quel macello.
Di seguito l’articolo dell’ottima Raffaella Ianuale su Il Gazzettino di stamattina.
Erano le sette del mattino del 14 agosto del 1944. Per il centro storico di Venezia fu un battesimo del fuoco, nel vero senso della parola. Il primo, e forse l’unico, bombardamento in bacino San Marco.
Tre caccia bombardieri alleati appaiono sopra le acque di Venezia. Eccoli a Malamocco: qui la prima mitragliata contro una motonave che collegava Venezia a Chioggia. Tragico il bilancio: 24 le vittime. Ma questo è solo l’inizio. I tre aerei dal Lido procedono verso il cuore della città. Puntano al bacino di San Marco qui c’è la loro preda. Vogliono colpire la nave ospedale tedesca “Freiburg” ormeggiata tra la punta della dogana e l’isola di San Giorgio.
Una sferzata di colpi che falcia la laguna. Un mitragliare durato alcuni minuti, ma sufficiente a creare panico e disseminare morte. Nelle vicinanze c’era anche la motonave che collegava Venezia a Fusina. A bordo c’erano donne, bambini, uomini diretti in campagna per cercare di raccogliere un po’ di cibo da portare alle loro famiglie in una città che in periodo di guerra aveva ben poco da offrire. Il battello si era da poco staccato dal pontile della Riva degli Schiavoni e stava iniziando la sua navigazione.
Gli aerei in quell’istante sganciarono quattro bombe nel tentativo di colpire la nave ospedale tedesca. Ma mancarono l’obiettivo e il loro unico effetto fu quello di rovinare, con lo spostamento d’aria, i monumenti attorno a San Marco. Non soddisfatti iniziarono a crivellare con la mitragliatrice e i cannoncini di bordo la laguna di Venezia, incuranti di chi e che cosa andavano a colpire. I proiettili raggiunsero la motonave per Fusina che era da poco salpata. In un istante l’imbarcazione si trasformò in un luogo di morte. La gente cadeva a terra stroncata dai colpi. Tutto in pochi minuti, ma i morti furono molti. L’imbarcazione fu subito fatta approdare nuovamente in Riva degli Schiavoni. Le vittime, in almeno quindici morirono all’istante, furono distese lungo la fondamenta e coperte con un lenzuolo. Erano visibili solo i loro piedi e i familiari giungevano numerosi, scongiurando che in in quella sequela di corpi non ci fosse quello del loro caro.
I feriti furono invece portati al pian terreno dell’hotel Metropole, trasformato in pronto soccorso. Chi ha ancora memoria di quel giorno parla di scene allucinanti: persone senza arti, corpi lacerati e sangue ovunque. Poi furono trasportati all’ospedale civile di Venezia. Si fece il possibile per salvarli, ma l’elenco delle vittime era destinato a crescere. Ai primi quindici morti se ne aggiunsero molti altri. Alla fine persero la vita all’incirca in cinquanta. I funerali si svolsero nella basilica di San Marco. La loro storia è viva solo nei ricordi dei familiari, ormai anziani. In città non c’è per queste vittime nè una lapide, nè un monumento.
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