1797. LE MUNICIPALITA’ A BERGAMO E BRESCIA. Lori in carossa, noalter a pé.
Di Mario Agnoli e Alvise Zorzi.
Il popolo bresciano si sentì tradito. A lavorare per la democratizzazione erano appunto i sior , i discendenti delle grandi famiglie patrizie, che puntavano sulla rivoluzione per riconquistare l’antico potere e gli antichi privilegi.
Del resto questo appunto gli era stato fatto intravvedere dagli emissari del Bonaparte, che fin dal primo momento si era reso conto di non poter contare sul popolo, ma di avere potenziali alleati nella nobiltà della Terraferma.
Alvise Zorzi ritiene che, come era accaduto ai tempi della Lega di Cambrai, avesse ripreso a rodere, “ il tarlo antico del rancore della nobiltà provinciale. La presenza dei francesi aveva impresso nuovo vigore al pullulare delle idee rivoluzionarie in quella classe rancorosa e frustrata, che nel Cinquecento si era schierata sotto le bandiere imperiali.
Un’affermazione del nuovo regime avrebbe richiesto nuove formule di governo, nuovi governanti. Ecco dunque la nobiltà di Terraferma scoprirsi un’anima democratica e mettersi a coltivare i principi della libertà, della fratellanza e dell’eguaglianza. C’era in essa l’inconfessata speranza di servirsi del suggestivo formulario democratico francese per riprendere quel predominio sociale e quella posizione di assoluto privilegio che, nonostante tutto, la politica veneziana aveva attenuato e sminuito”.
Difatti, la contadinanza riconosce, sotto la pelle nuova, gli antichi oppressori, e non nasconde affatto la propria ostilità per i neo democratici dell’aristocrazia, lasciando che a danzare sotto l’Albero della Libertà, ci siano quasi soltanto aristocratici”.
A sua volta, Bonaparte, senza scaldarsi troppo, ne prese a cuore gli interessi (precisò infatti di non farne una condizione sine qua non ) fingendo di offrire una via di uscita alla Repubblica dalla deplorevole situazione nella quale l’aveva cacciata, affermando che – sarebbe stato conveniente iscrivere al Libro d’Oro le principali famiglie della Terraferma”.
L’Italia di oggi, è il prodotto ultimo di quelle idee, di quei personaggi, di quei tempi tristi.