ALLA FACCIA DI MASSIMO D’AZEGLIO
Geppetto Giulio Scorla Mastro
MASSIMO d’AZEGLIO, nel 1861, disse: “Fatta l’Italia, bisogna fare gli italiani”. Come poteva sperare nell’esito positivo del suo enunciato se l’unione era mantenuta integra dai moschetti e dalle baionette dei carabinieri reali e da quelle dell’emerito corpo dei bersaglieri avezzo a grandi battaglie come quelle di Pontelamberto e Casalduini? Non sapeva, o non voleva sapere, dell’esistenza delle varie carceri esistenti come la fortezza di Fenestrelle, in cui venivano sistematicamente trucidati migliaia di dissenzienti di cotanto disegno unitario?
Eppure un suo coevo, Carlo Cattaneo, aveva lanciato l’idea, ben più saggia, di una confederazione tra stati sulla falsa riga della Svizzera. Il nostro cosiddetto risorgimento, sostantivo derivato dal verbo risorgere, ampiamente glorificato e contrabbandato per vero dagli agiografi sabaudi incapaci di una riflessione semplice tipo quella che il popolo non intendeva per niente risorgere dato che riteneva di non essere mai morto? E parlando del Veneto (mia Patria): come si può sostenere, come si legge nei vari testi, che nel 1866 fu restituito all’Italia se nella sua millenaria storia italiano mai fu nè poteva esserlo dato che l’Italia era nata solo cinque anni prima?
La mistificazione storica ha sistematicamente assopito le nostre menti non più in grado di discernere tra verità e menzogna . Complici furono quei pseudo intellettuali, sempre asserviti al potere, compresi i vari scrittori tipo De Amicis che tanto ci ruppe, nella nostra giovinezza con il suo lacrimoso “cuore “. La verità piano piano emerge, com’e giusto che sia. Finalmente i contorni, sempre mantenuti ben nascosti dalla storia ufficiale, si delineano.
Appare chiaro il ruolo dell’Inghilterra implicata in questa losca faccenda che per poter avere libero accesso al Mediterraneo e allo zolfo siciliano, elargì vistose somme ai generalissimi tipo Garibaldi, Bixio, Cialdini e vari ancora, emeriti assassini, atti a prestarsi al gioco sporco di Vittorio Emanuele II re del Regno di Sardegna, sull’orlo della bancarotta per cui nella necessità di conquistare il sud per depredarlo delle sue ricchezze per sanare i propri debiti.
Lo fece, il galantuomo, disinvoltamente e vilmente, andando contro il cugino Francesco II di Borbone Re del regno delle due Sicilie, senza neanche uno straccio di dichiarazione di guerra.
Ritornando al Veneto (ripeto mia Patria): fu annesso di forza all’unione attraverso un plebiscito farsa in cui si è votato con schede separate, di colore diverso per il si e per il no, i cui risultati dichiarati sono stati di 641758 per il si è solo 69 (per sommo dileggio) per il no (come inciso nel bronzo nel monumento sito in riva degli schiavoni).
Da tener presente che due giorni prima del referendum Venezia ed il Veneto erano già stati ceduti dalla Francia all’Italia (neanche le apparenze pensarono di salvare). Dicevo che la verità sta venendo a galla ma c’è tanto ancora da lavorare affinché i nostri figli e nipoti possano vivere non più sotto un coacervo di popoli diversi che della loro diversità ed identità giustamente vogliono essere interpreti autogovernandosi. Spero, illudendomi, che i movimenti indipendentisti esistenti nella penisola riescano nell’intento e che ciò avvenga nel breve per cui anch’io possa, nello scampolo di vita che mi rimane, poterlo vivere nell’indipendenza del mio popolo, (magari confederato ad atri popoli italici) ed assaporare quella libertà che i miei avi hanno potuto godere prima dell’evento del cosiddetto re galantuomo (facendo astrazione dei 63 anni passati sotto i francesi e gli austriaci).
. Alla faccia di Massimo d’Azeglio.
Sotto: i risultati del referendum truffa incisi sul bronzo in riva degli Schiavoni (monumento a V.E. II)