ALL’APICE DELLA REPUBBLICA C’E’ IL DOGE…
Un ritratto perfetto e sintetico della figura del Doge (el Doze) grazie alla penna di Giovanni Distefano. ve ne trascrivo la parte centrale. Con rispetto e rimpianto per quei tempi che videro i Veneti rinascere come Nazione libera sotto la guida illuminata del patriziato veneziano.
Il Doge è la figura più importante, il capo dello stato, chiamato anche principe. Indossa vesti sfarzose e il corno dogale, che però sfoggia una sola volta l’anno, il giorno di Pasqua quando visita la chiesa di san Zaccaria: infatti normalmente ne indossa una versione meno ricca.
La sua immagine e il suo nome sono incise nelle monete, porta un anello a sigillo dove la scritta voluntas ducis è stata col tempo sostituita con voluntas senatus. Da governatore più o meno assoluto (più o meno) il doge diviene via via un magistrato, il primo magistrato della Repubblica, ma i suoi poteri sono limitati ed a ogni successione vengono limitati ancor di più dalla promissione dogale, riveduta e corretta alla morte di ogni doge per farla giurare al nuovo capo dello stato.
Egli è aiutato dal Minor Consiglio per svolgere i compiti di ordinaria amministrazione e insieme entrano a far parte dal Consiglio dei X Il Minor consiglio veglia sul Doge e sopratutto lo controlla: il Doge da solo non può aprire neanche una lettera indirizzata a lui.
Ai Consiglieri spetta di leggere la Promissione dogale una volta l’anno perché il doge non dimentichi, riprenderlo quando sbaglia, assicurarsi che il Conclave per l’elezione del nuovo doge si sbrighi e non perda tempo, e di essere presenti, uno a turno, nel Consiglio dei X, sedere poi tutti insieme sempre e ovunque ci sia il doge…
Da “Atlante storico della Serenissima” pag. 407 di Giovanni Distefano, storico siciliano innamoratosi anch’egli della storia dei Veneti. Edito dal Gazzettino.