E I VENEZIANI RIZZARONO LE DUE COLONNE GRAZIE A UN BERGAMASCO
Parliamo oggi delle due colonne di piazzetta san Marco. Rimasero stese al suolo per un secolo, nessuno in città sapeva come fare ad alzarle finché non arrivò “un campagnolo” di Bergamo a metterle in piedi. E poi vi riporto tante altre curiosità relative ad esse e alle due statue che vi son posate sopra. Todaro e Marco in forma “de Lion”. 🙂 Scherzo, ma Venezia è il frutto dell’amore e dell’ingegno di tanti “veneti” in senso lato, quindi, oggi come un tempo, è di tutti quelli che la amano e la rispettano.
Le due colonne monolitiche di granito segnano l’ingresso della città dalla parte del mare. Esse sono arrivate a Venezia dall’Egitto grazie al doge Domenico Selvo. Ma altri sostengono che provengono da Tiro conquistata nel 1125 dal Doge Domenico Michiel. Altri ancora da Costantinopoli.
Sulla colonna di granito orientale cinereo si alza poi ‘il Leone in bronzo’ una chimera di arte cinese (o assiro babilonese ndr.) in origine ricoperta d’oro, a cui vennero aggiunte le ali e il libro aperto per rappresentare san Marco; sulla colonna rosa si posa la copia dell’originale posto ora in palazzo Ducale, della statua marmorea composita di san Teodoro (in veneziano Todaro), il santo greco primo protettore della Repubblica che uccide il drago “la testa in marmo pario è un bellissimo ritratto di Mitridate re del Ponto, il torso di arte romana del periodo adrianeo con l’aggiunta delle parti mancanti” (Lorenzetti” . La statua raffigura san Todaro con lo scudo sulla destra per indicare che i veneziani tendono a difendersi e non a offendere per primi. Le colonne erano in origine tre, ma una, caduta in acqua durante lo sbarco, non sarà più recuperata..
Per oltre un secolo giacquero in orizzontale non trovandosi il metodo e la forza per farle alzare fin che non arrivò l’imprenditore bergamasco Niccolò Barattieri (detto ‘stratonio’). egli chiede come compenso, ed ottiene, di poter tenere, sui gradini delle colonne, un banco da gioco d’azzardo (vietato altrove): il gioco dei dadi.
Egli fa bloccare un lato delle colonne e lega l’altro a fasci di corde che fissa al suolo sull’altro lato della piazza. Fa bagnare poi le corse, che aumentano di volume/diametro, insomma si ingrossano e quindi si accorciano provocando il sollevamento della testa della colonna di alcuni centimetri.
fa porre poi dei sostegni/zeppe di legno sotto le colonne e accorciare le funi, che vengono poi nuovamente bagnate, così di seguito finché le colonne non raggiungono la posizione verticale.
ripreso da Giovanni Distefano, Atlante storico della Serenissima.