Alleati.. non sottomessi!
di Theusk
I due più importanti centri della gente veneta furono Ateste (Este),(a lato in una vedutista del ‘700) che essendo stata scoperta per prima (1876) dette alla pianura il nome “Atestina” e Patavium (Padova) nata al centro di una fertile pianura già ritenuta inclusa tra i due fiumi Meduacos (Brenta) e il Retrone (Bacchiglione) ma ora si pensa figlia di un unico fiume che soltanto verso il mare si divideva in due rami.
Padova fiorí tanto da superare, secondo Strabone, tutte le città venete. Infatti se rari sono i resti archeologici del primo periodo paleoveneto, in Padova sono presenti quello del secondo, cioè dall’VIII al VII secolo a.C sino alla romanizzazione periodo in cui i veneti si allearono con i romani.
Tito Livio attesta come i patavini fossero sempre in armi e di continuo battagliassero con i Celti. Naturalmente viene da chiedersi se si trattasse di soli patavini o non piuttosto di Veneti in generale. Già Polibio aveva notato che i Veneti, in seguito ad inviti avuti dal Senato nel 225 a.C avevano preferito schierarsi con i Romani.
Con i Celti i Veneti (sotto foto di una rievocazione Venetkens) ebbero certamente buoni rapporti commerciali ma essi vennero meno molti anni dopo.
Ci informa sempre Livio che nel 186 aC, Galli (Celti) transalpini erano passati nella Venezia senza far guerra o distruzioni, occupando un luogo poco distante da Aquileia per costruirvi un “oppidum”(fortilizio). Delegati romani vennero inviati al di là delle Alpi per chiedere spiegazioni e fu loro risposto che erano partiti senza l’autorizzazione della loro gente e senza dire cosa avessero intenzione di fare nel nostro territorio.
Ma perché degli ambasciatori romani andarono in Gallia a chiedere spiegazioni? Molto probabilmente perché furono invitati a farlo dai Veneti con i quali non esisteva un rapporto di sudditanza, bensì di collaborazione tant’è vero che il nostro Tito Livio scrive ch’essi ebbero ordine di respingerli: I Galli si arresero pur essendo in 12.000 armati e giustificarono l’invasione dichiarando che l’eccesso di popolazione in Gallia e l’indigenza li avevano indotti a passare le Alpi per insediarsi in terreni incolti e disabitati. Quindi i loro rappresentanti pregarono i Romani di non infierire sui poveri innocenti e quest’ultimi s’impegnarono a restituire il bottino di guerra qualora fossero ritornati nelle loro terre, cosa che i Galli transalpini giudicarono persino come “eccessiva mitezza“: mitezza per la quale erano conosciuti i Veneti, non certo i Romani…
Liberamente tratto da: “Da Aquileia a Venezia” di autori vari