ALVISE ZORZI E I “SERENISSIMI”, LE RAGIONI DEI VENETI
Alvise Zorzi credo abbia avuto un grande stimolo a scrivere il suo “SAN MARCO PER SEMPRE dall’impresa, finita nelle prime pagine dei giornali di tutto il mondo, del gruppetto di “campagnoli” (chiamiamoli pure così con affetto, però) che si arrampicarono sul campanile l’8 e 9 marzo del 1997. Lo colpì nel cuore suo veneto e veneziano, questo affetto verso il Leone che pare non voglia morire mai.Qui vi riporto qualche brano, che fa intendere simpatia e rispetto per il “beau geste”. Lui ne parla proprio nelle prime pagine del suo lavoro, e non è certo un caso, specie se pensiamo al titolo del bel libro.
… Così i Sette, con le loro armi un po’ finte e un po’ vere, con i loro passamontagna, col loro leone alato ricamato sul gonfalone a sette code, poterono scalare indisturbati il campanile di san Marco mentre agenti speciali e cordoni di polizia, funzionari e magistrati aspettavano in un trepido silenzio rotto solo dal rombo degli elicotteri che incrociavano, mettendo a rischio la fragile esistenza dei mosaici marciani. Sugli schermi delle reti televisive di tutta Italia comparve per un pezzo l’immagine spaurita di un ragazzino, il conducente dell’autoblindo, sempre più meravigliato, sempre più sconcertato da ciò che gli accadeva intorno.
Poi vennero i reparti speciali a togliere di pena autorità, magistratura e forze dell’ordine, si arrampicarono per le esili impalcature dalla base alla cella del campanile, i Sette vennero catturati e trasportati di peso al carcere. Vista finalmente da vicino, l’autoblindo si rivelò per quello che era, un carro agricolo malamente mascherato, e il cannone un tubo di stufa. E apparve ben presto chiarissimo che i Sette non si aspettavano di scatenare una simile ira di Dio.
Il potere, beffato e perciò inferocito, farneticò cose spaventevoli, congiure, sovversioni, minacce all’integrità dello stato. I Sette vennero trascinati in giudizio. In attesa del processo per direttissima, vennero insultati e vilipesi in ogni modo. Qualche giornalista li battezzò “commando mona” senza accorgersi di riesumare l’antico razzismo che vuole i veneti brava gente laboriosa e un po’ cretina, attendenti idioti e fedeli, servette stupidelle e devote, alpini ubriaconi e preti e frati e suore della “Vandea d’Italia”, che si ostinava ad andare a messa, a non votare a sinistra, e aveva la schiavistica abitudine di rispondere, quando veniva interpellata. “Comandi”, giustificando così la propria posizione subalterna nel Paese che cambiava.
Non si rendevano conto, i giornalisti, storici, sociologi, e opinionisti, che erano cambiati anche loro, i Veneti, i Friulani e i Lombardi della Lombardia marginale e più lontana da Milano che da Venezia, anche se ne dista pochi chilometri: e avevano contribuito al cambiamento assai più di tanti altri italiani. E che l’azione scriteriata dei Sette, anche se non andava applaudita come fecero demagoghi e tribuni vecchi e meno vecchi, qualche ragione l’aveva, e prima di condannarla bisognava cercare di capirla.
Al di là dello stupido, velenoso folklore tipo “forza Etna”o l’equivalente “el leon magna el teron” ed altre bassezze simili, delle prediche anti romane (ma quale Roma? se è quella delle chiacchiere e delle beghe di palazzo, della burocrazia inetta e dei legislatori scriteriati, gli italiani, romani compresi, non sono tutti anti romani?), della mitologia separatista rivolta ad improbabili modelli austriaci o bavaresi, i Sette, gente modesta e lavoratrice che preferiva frequentare le biblioteche piuttosto che le balere o i centri sociali, coltivavano con passione letture ora buone ora meno buone, ma tutte intese alla riscoperta delle loro radici e dell’orgoglio di esse, tradizionalmente insultate e vilipese, o semplicemente ignorate da generazioni di storici e pubblicisti abbeverati DA MITI NEGATIVI nei confronti dello stato e della società del mondo lombardo-veneto unificato per trecento anni sotto le bandiere della Serenissima Repubblica. Quella che loro, i Sette, volevano se non far rivivere, almeno commemorare…
Nulla da eccepire sulla corretta ed onesta ricostruzione dell’episodio. Un po’ troppo benevolo nel sorvolare il contesto storico in cui tutto questo accadeva. Cito solo un episodio: la infiltrazione nelle reti televisive nazionali propugnando rivoluzioni non meglio chiarite. Concordo in pieno contro la sciatteria riservata ai Veneti le rare volte che se ne parla… Un atto di rozza ignoranza che finge di dimenticare quanto il Veneto abbia contribuito alla cultura e all’unità della nostra Italia.