Anche in questi giorni girano le versioni più strampalate sulla fondazione della città: un letta da me, anni fa, diceva che Venezia era l’ultima città fondata dai…romani. Ho pensato di riproporvi l’articolo completo di Gianni Cecchinato, in cui si spiega in maniera corretta come nacque la nostra Capitale. Diciamo che i Romani c’entrano poco… Attila si 🙂
Attila non riuscì a costruire nulla di durevole ma di qualcosa fu la causa, sia pure involontaria. Diede origine a Venezia.
Premessa
Attila invade l’Italia l’8 giugno 452 per reclamare nuovamente le sue nozze con Onoria, sorella dell’imperatore Valentiniano III. Dopo aver devastato con le sue scorrerie i Balcani ed aver costretto Bisanzio ad una umiliante pace, puntò nel 451 ad Occidente e successivamente all’attraversamento del fiume Reno dilagò nella Gallia mettendola a ferro e fuoco fino a quando non fu sconfitto nella battaglia dei Campi Catalaunici (detta pure battaglia di Châlons) dalle truppe del generale romano Ezio, reclutate soprattutto tra i galli germanici e affiancate dagli alleati Visigoti di Teodorico I. Lo schieramento dei Romani aveva poco di romano essendo formato per lo più da Alani, Franchi, Sassoni, Burgundi, Bagaudi.
Tutte le notizie sugli Unni che ci sono giunte sono dovute al fatto che Attila amava circondarsi di scribi greci, germanici e latini. Grazie a loro vengono diffusi racconti in cui viene celebrato come un re nobile e coraggioso al contrario della fama che aveva in Europa, quella di “flagello di Dio” per la sua ferocia.
scena di combattimento tra barbari e romani colonna traiana, Roma
Sono trascorsi 1566 anni da quando Attila entrò in Italia dopo aver trascorso l’inverno in terra danubiana con il suo esercito composto in prevalenza da truppe germaniche puntando su Trieste ma si fermò ad Aquileia, città fortificata di notevole importanza strategica che con il suo possesso poteva controllare gran parte dell’Italia Settentrionale e non solo del nord-est; la tenne sotto assedio per tre mesi ed una volta che riuscì ad entrare la rase al suolo.
< Furono infatti i fuggiaschi di Aquileia, di Padova e di tutte le altre città venete da lui rase al suolo, che per mettersi al riparo da altre sventure del genere si rifugiarono nelle isolette della laguna. Quelli di Altino ne popolarono sette, a ognuna delle quali diedero il nome di una delle sette porte della loro città. Quelli di Aquileia emigrarono a Grado, quelli di Concordia a Caorle, quelli di Padova a Rialto e Malamocco. Venezia si formò lentamente dal coagulo di questi detriti sviluppando quella vita anfibia che doveva dettare il suo destino. Fu una crescita lenta. Duecent’anni dopo questi avvenimenti un geografo di Ravenna scriveva: “Nel Veneto ci sono delle isole dove pare che vivano degli uomini”. Erano i progenitori di coloro che dopo qualche secolo dovevano dominare il Mediterraneo e rendere la pariglia ad Attila bloccandovi l’impeto di un altro conquistatore della stessa razza asiatica e turanica degli Unni alla cui famiglia apparteneva: i Turchi”.
[ tratto da “Storia d’Italia”, Indro Montanelli ] >
ricostruzione di Aquileia all’arrivo di Attila
Con la caduta di Aquileia e la conquista di Padova, Attila aveva la pianura padana libera per arrivare a Milano e per far riposare le sue truppe si attestò presso Mantova, alla confluenza del Po con il Mincio. Qui venne raggiunto, anziché dall’esercito romano, da una delegazione inviata dal senato romano e capeggiata da papa Leone.
Verosimilmente, a farlo recedere dai propositi di conquistare Roma e a convincerlo di ritornare in Pannonia, non fu solo la minaccia degli eserciti dell’imperatore d’Oriente, Valentiniano III, ma la stanchezza delle truppe indebolite da fame e da malattie, e non come raccontano le leggende dalla figura sacrale del papa.
Infatti le sue truppe avevano consumato tutte le riserve di cibo e di foraggio che i campi potevano offrire; il cibo era scarso ed avariato e dovevano bere l’acqua del fiume inquinata dalle bestie uccise che vi galleggiavano, in pratica dilagava la dissenteria e febbri tifoidee.
nell’isola di Torcello, il trono di Attila, in realtà lo scranno dove uno dei Tribuni amministrava giustizia
L’area endolagunare non era del tutto sconosciuta ai profughi. Già nei primi secoli dell’Impero i centri dell’immediato entroterra (Oderzo, Cavarzere, Altino, Concordia e Treviso), grazie alle loro imbarcazioni, avevavo già costituito una discreta rete di traffici e di scambi commerciali tra la zona che gravitava su Ravenna e la parte più settentrionale dell’area lagunare facente capo a Grado ed Aquileia.
Sicuramente in epoca romana era abitata anche l’isola di Torcello (Dorceum) posta sull’importante via marittima di transito verso il porto di Altino, come farebbero pensare i resti archeologici, datati attorno al I-II secolo d.C., appartenenti probabilmente alle residenze dei patrizi ricordate dal poeta Marziale (I sec.).
Il 25 marzo del 421, con la posa della prima pietra della Chiesa di San Giacometto (San Giacometo) nell’isola di Rio Alto, data ritenuta dagli studiosi quella più probabile della fondazione della città. A stabilirla fu Martino Da Canal nelle sue Cronache, ma non la si può considerare la vera e propria data di fondazione, bensì l’inizio di un processo evolutivo, lento ma oscuro, in cui sono venute a mescolarsi in modo inestricabile la realtà con la leggenda.
Probabilmente le genti endolagunari, di fronte a popolazioni agguerrite e lontane per lingua e costumi, cercarono la salvezza rifugiandosi nelle isole lagunari, in attesa che le cose si normalizzassero per poter far ritorno alle proprie case.
CHI ERANO GLI UNNI?
Un’orda composta da tribù germaniche e slave provenienti dalle terre remote racchiuse tra il fiume Volga ed il corso settentrionale del Danubio.
Ma ne parleremo al prossimo giro per non appesantirvi troppo la lettura.
Complimenti a Gianni dalla Redazione che ha scelto di trasbordare le sue ricerche in “Storia e Arte veneta”
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Nel 452 settantamila Unni dilagano nella Pianura Padana; dopo un assedio di tre mesi, il 18 luglio prendono e radono al suolo Aquileia, sino ad allora sfuggita alle violenze delle invasioni. L’Arcivescovo di Aquileia Secondo si è rifugiato a Grado, che si popola di Aquileiesi. Cadono anche Concordia e Padova. Gli Unni mettono, poi, l’assedio ad Altino ma senza conquistarla: gli Altinati si salvano rompendo gli argini e allagando i dintorni. L’avanzata di Attila si estende senza difficoltà fino a Milano, in quanto nessuna città tenta di resistere, ma tutte aprono terrorizzate le loro porte all’invasore, che si stabilisce nel palazzo reale. L’Imperatore Valentiniano fugge da Ravenna spostandosi a Roma; il Generale Ezio rimane sul campo senza le forze armate per poter affrontare il nemico, sapendo però che Attila ha bisogno di foraggio e viveri per i suoi uomini, anche esposto a pericolo di epidemia; inoltre Marciano sta convergendo sul Danubio per chiudere in una sacca gli Unni. Attila si ferma sul Po, in località “Ager Ambulejus” (presso Roncoferraro), dove incontra un’ambasciata formata dal prefetto Trigezio, il console Avienno e papa Leone I. Dopo l’incontro, Attila torna indietro dall’Italia con le sue truppe al suo palazzo attraverso il Danubio, senza pretendere nulla.
Si può escludere nel modo più assoluto che il sedile in pietra a Torcello fosse il trono di Attila in quanto gli Unni fallirono l’assedio e non vi misero mai piede.
L’errore comune commesso da tutti (persino da storici e professori impreparati) è pensare che il trasferimento dei Veneti verso la costa fosse stato dovuto all’invasione degli Unni. Tale invasione fu effimera e si concluse in pochi mesi senza lasciar tracce di nessun genere.
La novità fu solo quella di dare un primo impulso alle comunità venete a cercar riparo nei porti ed empori che erano già di loro pertinenza (potrebbe aver dato impulso al popolamento di Rivoalto): i trasferimenti stabili (non fuga) definitivi ebbero luogo con la successiva invasione longobarda, che fu di lunga durata (un paio di secoli circa).
Gli Unni non erano composti da tribù germaniche e slave, ma un popolo guerriero nomade orientale, proveniente dalla Siberia meridionale, che giunse in Europa nel IV secolo.
Grazie caro! Te lo impagino a parte