BECCARIA CENSURATO DA VENEZIA? MA NO. VI SPIEGO TUTTO.
A SMENTIRE ancora una volta l’arretratezza del sistema penale veneto a fine Settecento (la leggenda nera tanto cara ai divulgatori che vanno per la maggiore nei mass media anche nostrani) vi riporto quanto ho tratto dal solito “Giustizia veneta” (edito da Filippi, in prima edizione integrale) dello studioso di diritto veneziano Edoardo Rubini.
Singolare è la fortuna dell’opera di Cesare Beccaria Dei delitti e delle pene, nel primo mese di vendita in terra veneta, ne era stata venduta la bellezza di 520 copie (cifra record per l’epoca ndR ), ma il 27 agosto 1764 gli Inquisitori di Stato mettevano il libro al bando.
Non si trattava di una censura ideologica, ma piuttosto di un provvedimento cautelativo, in quanto si ignorava chi fosse lo scrittore anonimo, che aveva messo sotto accusa il rito inquisitorio. Si temeva poi, che si trattasse di un suddito veneto intenzionato a provocare disordini in relazione al recente arresto del N. H. Andrea Maria Querini per questioni politiche.
L’edizione veneta dell’opera potrà uscire solo nel 1781; tuttavia tra i 509 nomi degli associati che la promossero, compaiono quelli degli Inquisitori che 17 anni prima l’avevano fatta sequestrare (Scarabello). La circostanza non è casuale: gli ideali di tolleranza veicolati dagli scrittori illuministi erano ben accetti negli ambienti nobiliari e borghesi.
La sensibilità verso le tematiche umanitarie e legalitarie era in fondo un tratto distintivo della cultura giuridica veneta. Restava da capire come e in quale misura lo stato potesse assimilare concezioni moderne, che sino a pochi anni prima erano state presentate in maniera eversiva.
Il 24 settembre 1789 i tre “Aggiunti sovraintendenti al sommario delle Leggi” consegnavano al Senato una proposta di riordino del sistema penale, con cui la commissione assolveva all’incarico di un paio di anni prima; chi esaminasse questa relazione ritroverebbe nel linguaggio usato e nei principi richiamati, una eco proprio delle tesi del Beccaria; tra l’altro si precedeva “che la pena capitale si sarebbe dovuta riservare che in pochissimi casi”.
Alla volta del secolo ci si avviava a fare sempre meno conto su strumenti di pura valenza repressiva o terrificante, ormai fuori passo con i tempi.
Questa è la civiltà che fu cancellata e soppressa, invece di permettere ai Veneti di continuarne l’immensa eredità su nuove forme.