Bernardo Bellotto: le vedute della campagna veneta, il Dolo.
Di Dario Succi

1 – Bernardo Bellotto, I molini sul Brenta a Dolo. Henley-on-Thames, collezione del visconte di HembledenDario Succi
Si conosce una sola veduta della terraferma veneziana dipinta da Bellotto, quella riproducente I molini sul Brenta a Dolo (fig. 1) nella collezione del visconte di Hambleden, Henley-on-Thames, eseguito non «fra il 1738 e il 1740» come pensava Kozakiewicz (ivi, n. 29), ma nel 1744, nell’anno cioè del soggiorno in Lombardia. Lo dimostrano l‘eccezionale qualità della stesura pittorica, la novità della ripresa realistica del luogo, senza dettagli edulcoranti (mancano gli eleganti personaggi che il Canaletto inserì nel corrispondente dipinto all’Ashmolean Museum di Oxford: Constable, Links, n. 371), i decisi contrasti chiaroscurali, il profondo lirismo: elementi tutti che sono vicinissimi alla magica atmosfera delle vedute di Gazzada.
Il paese di Dolo è diventato famoso nella storia dell‘arte non tanto per le vedute dipinte dal Canaletto e da Bellotto quanto per le tre stupende acqueforti che il primo incise tra il 1742 e il 1744.
Lo straordinario reportage, frutto degli appunti presi durante il soggiorno nel territorio padovano effettuato nel 1742, si apre con lo splendido foglio intitolatoAl Dolo (fig. 2) che mostra il placido paese adagiato sulle rive del Brenta, con la chiesa parrocchiale di San Rocco, lo slanciato campanile, il palazzo Andruzzi con l’elegante facciata palladiana avvolta nell’ombra e i bassi profili dei molini sullo sfondo, posti in primo piano nella veduta in controcampo di Bellotto. Prima dei molini si intavede, a sinistra, tra una casa e gli squeri, il canale che porta alla darsena dalla quale è appena uscito un burchiello.
Nell’incisione Alle Porte del Dolo (fig. 3) i volumi degli edifici nitidamente profilati sulla riva opposta del Brenta si stagliano netti, specchiandosi nelle acque rilucenti del fiume gremito di barche che scivolano pigramente, avvolte nel calore di un meriggio estivo. Il burchiello in primo piano, lasciata la darsena, avanza a forza di remi tra le baracche dello squero in penombra e il muro screpolato della casa con lo stemma sporgente. La meditata complessità dell’impostazione dei vari piani in cui si articola la veduta si coniuga alla perfezione con la straordinaria resa atmosferica en plein air; ricca di brillanti contrappunti chiaroscurali.
Nel terzo foglio con Le Porte del Dolo (fig. 4) il Canaletto ci sorprende con la novità di una veduta “anomala” perché non mirata a porre in risalto sontuose residenze di nobili personaggi. L‘artista ha posto di sbieco la darsena (oggi interrata) per utilizzare più efficacemente i rapporti chiaroscurali che movimentano le masse degli edifici. L’occhio è abbagliato dalla luce che colpisce la facciata dell’umile casa a destra e vibra nella penombra delle altre costruzioni disposte a semicerchio. Mentre una coppia elegante si concede una pausa nell‘attesa di riprendere il viaggio, alcuni venditori di frutta, una merlettaia e un negoziante contribuiscono attivamente al gioco luministico.