CAVOUR VOLEVA “CIVILIZZARCI” CON L’UNITA’. e infatti, i risultati si sono visti. :(
Di Angela Pelliciari.
Cosmopolita, ricchissimo, privo di scrupoli, astuto, intelligente, arrogante, accentratore, questo (e molto altro, ovviamente) è Camillo Benso conte di Cavour.
Quel che è certo è che, senza di lui, il Regno d’Italia non sarebbe nato.
Qui ci proponiamo di tratteggiare la figura di Cavour a partire dal suo credo politico-morale perché la morale, la pubblica morale, è un tema che sta molto a cuore al Cavour politico.
In un trattatello del 1846 su Le ferrovie in Italia il conte si avventura in un’inedita equazione: quanto più ricca e potente è la nazione di appartenenza, tanto più il popolo è intelligente e morale.
Proprio così: «Le classi numerose che occupano le posizioni più umili nella sfera sociale, per acquisire la coscienza della propria dignità, hanno bisogno di sentirsi grandi dal punto di vista nazionale. Non esitiamo a dire che questa coscienza rappresenta per i popoli come per gli individui un aspetto essenziale della moralità». Il conte si fa assertore del nazionalismo e di uno Stato «forte e potente» (e cioè colonizzatore, proprio come l’Inghilterra e la Francia, potenze liberali, che tanto ammira) affinché il popolo si
elevi «nella scala dell’intelligenza e dello sviluppo morale fino al livello delle nazioni più civilizzate».
Le «nazioni più civilizzate», scrive Cavour.
Quali sarebbero?
La risposta è facile: quelle non cattoliche.
Tutta la politica estera ed interna del conte di Cavour ruota intorno a questo obiettivo: “civilizzare” il regno sardo prima, quello italiano poi. Farla finita con la Chiesa cattolica, le sue istituzioni, la sua bigotteria, il suo oscurantismo. Liberare la nazione dalla cappa della tradizione cattolica, capillarmente diffusa in ogni strato della società.
Nel 1850 attacca le festività religiose, a suo dire troppo numerose. Ancora una volta la motivazione è di tipo morale: «io penso – afferma alla Camera – che un soverchio numero di feste torni fuor misura nocevole alle classi operanti perché siffatte feste straordinarie non si dedicano per lo più al riposo, ma si spendono in quella vece in sollazzi e mali altri usi».
Come tutti gli “illuminati”, il moralista Cavour è personalmente molto al di sopra di qualsiasi vincolo o regola morale. Uomo d’affari dalle innumerevoli attività, è il principale azionista della Società anonima dei Mulini anglo-americani di Collegno che, nel suo ramo, è la maggiore d’Italia. Il 1853 è anno di carestia, il grano introvabile e il suo prezzo sale alle stelle.
I vari governi italiani come ovvio, le esportazioni di grano mentre il governo rimane fedele al proprio credo liberista col risultato che i produttori di farina (Cavour in testa) fanno affari d’oro vendendo grano all’estero.
Ecco cosa scrive il romanziere, deputato e Angelo Brofferio su la Voce del 24 novembre: «il conte Cavour è magazziniere di grano e di farina, contro il precetto della moralità e della legge. Sotto il governo del conte di Cavour ingrassano illecitamente i monopolisti, i magazzinieri, i borsaiuoli, i telegrafisti, e gli speculatori sulla pubblica sostanza, mentre geme, soffre, e piange l’universalità dei cittadini sotto il peso delle tasse e delle imposte».
Nel 1854 la politica moralizzatrice del conte di Cavour subisce un’improvvisa accelerazione: il governo del connubio Cavour-Rattazzi presenta in Parlamento un progetto di legge per privare della personalità giuridica gli ordini contemplativi (monache di clausura) e mendicanti (francescani e domenicani innanzi tutto). In poche parole si tratta di sottrarre a monaci e frati tutto quanto hanno per vivere. Si tratta di privarli dei loro conventi, delle proprietà che sono state loro donate dalla carità dei fedeli, di tutti gli oggetti di culto, dei loro archivi e delle loro biblioteche. Di tutto.
In nome di cosa Cavour può proporre una simile tirannica iniziativa ai danni di un’intera, innocua e benemerita, categoria di persone? In nome del progresso e della moralità. In nome della civiltà. In nome, da ultimo, della stessa religione. È quanto Cavour col suo modo asettico, perché scientifico (così ritiene), si propone di dimostrare intervenendo in difesa del progetto di legge alla Camera e al Senato. Il presidente del Consiglio non è convinto, come il guardasigilli Rattazzi, che basti l’equazione “inutile dunque nocivo” per motivare la soppressione degli ordini religiosi. Cavour ritiene che per giustificare la messa al bando delle congregazioni ci sia bisogno di una “giusta causa”. Bisogna provare che sono nocive.
È quanto si propone di fare elencando, in buon ordine, tutte le ragioni che rendono dannosi, quindi nocivi, gli ordini religiosi della Chiesa di Stato (questo aspetto non va mai dimenticato: il governo sardo giudica se stesso moralmente migliore degli altri governi italiani perché ‘costituzionale’ e ‘liberale’. Ebbene, il primo articolo dello Statuto definisce la ‘religione cattolica apostolica e romana, duramente perseguitata, la sola religione di Stato e nessuno fa mostra di accorgersi della scandalosa contraddizione). Le ragioni del presidente del Consiglio si riassumono in una parola: gli ordini religiosi sono nocivi al progresso.
“Progressista”. Che fascino questa parola! Cavour è un progressista convinto: agisce senza scrupoli per imporre a tutti la “luce” della propria ragione e delle proprie convinzioni: questa è l’essenza del progressismo. Tanto per cominciare, sostiene Cavour, gli ordini religiosi sono dannosi al progresso economico perché non mettono al centro del loro credo il lavoro produttivo (di ricchezza), giungendo addirittura a santificare l’accattonaggio. Sono poi nocivi all’istruzione.
(«la tenacità colla quale conservano le antiche loro tradizioni e spargono certe dottrine che sostituiscono alle più pure aspirazioni cristiane alcune leggende meno rispettabili, non produce effetto favorevole alla diffusione dell’istruzione»), e nemici del progresso scientifico, artistico, agricolo e industriale.
Da queste considerazioni Cavour passa alla storia, maestra di vita, ed invita a fare un paragone fra le nazioni in cui le congregazioni sono state soppresse (paesi protestanti) e quelle in cui ancora sono diffuse (paesi cattolici). Salta agli occhi – asserisce – che la prosperità “è in ragione inversa della quantità dei frati che si sono conservati». A quanti ribattono che gli ordini sono perlomeno necessari alla vita religiosa, il conte risponde che si sbagliano: un nuovo slancio religioso – argomenta – si è manifestato proprio nei paesi «dove le antiche corporazioni religiose, figlie del Medioevo, sono quasi interamente scomparse». Conclusione: la soppressione degli ordini religiosi è «altresì vantaggiosa ai veri interessi della religione e della chiesa». I liberali agiscono sempre in nome dei “veri” interessi della Chiesa. Che loro, si capisce, conoscono meglio del Papa e dei cattolici.
Cavour è convinto di avere dalla propria il consenso della pubblica opinione. Così ripete ad ogni pie’ sospinto. Quando, al Senato, il maresciallo Della Torre gli ribatte che non è vero, che le chiese sono ovunque stracolme di fedeli che pregano perché la famigerata legge non veda la luce, il liberale Cavour testualmente risponde: «L’onorevole maresciallo ha detto che gran parte della popolazione era avversa a questa legge. lo in verità non mi sarei aspettato di vedere invocata dall’onorevole maresciallo l’opinione di persone, di masse, che non sono e non possono essere legalmente rappresentate».
Cavour incarna l’opinione dei soli che debbano esprimerla: i liberali.
Cavour, Mazzini, Garibaldi e Savoia furono tutti massoni, gli esseri immondi e indemoniati che hanno costruito lo stato-letamaio, non v’è dubbio. Non c’entra con loro Daniele Manin. Egli fu un vero Veneto Patriota, che servì con onore a dedizione la Nazione di San Marco, sacrificando ogni sua cosa al proprio popolo. E’ vero, costituì la Repubblica Veneta sognando nel contempo un’Italia che non fu e che non sarà mai. E’ vero che era infatuato di errate idee liberali. Tuttavia, si può anche sbagliare in buona fede. La Angela Pellicciari è solita attaccare anche Manin, ma senza elementi, perché egli fu un puro idealista, che criticò fuori dai denti le porcherie combinate dalla sovversione carbonara e liberale. Sotto il governo di Manin si coltivava la venerazione della Fede Cattolica, come nella Tradizione Veneta, con l’appoggio e la benedizione del Patriarca di Venezia Monico. Uno dei motti di successo era “Viva Pio Nono !”. L’esercito da lui formato erano i “crociati”, milizie che avevano come distintivo la croce rossa cristiana. Fu prima un Veneto, che un liberale e così va ricordato. Viva Manin, Viva la Repubblica Veneta!
ricordiamoci che l’occupazione della sardegna da parte dei piemontesi, fortemente voluta e spinta da cavuor, aveva come scopo depredare le ricche casse del banco di sardegna a favore della fallita finanza della famiglia dello stesso cavour