Com’era duro diventare dogaressa…ma quanto onore!
Di Theusk
Dopo il Doge il personaggio più importante dello Stato Veneto era la Dogaressa la cui origine si perde nella notte dei tempi.
In principio dev’essere stata solo la “coniunx” moglie del Duca, poi lentamente assunse la figura di Ducissa (principessa).
Dal 1229 la sua posizione nello Stato e presso il Doge appare più nettamente determinata.
Anch’essa doveva giurare di non accettare doni o prestazioni, con l’eccezione di acqua di rose, foglie fiori ed erbe odorifiche e, in certe occasioni, commestibili; di non accettare feudi, di non fare debiti, speculazioni commerciali e raccomandazioni per l’ammissione ai pubblici uffici.
Per un certo tempo non poté possedere beni fuori il ducato di Venezia, ma più avanti la sua promissione andò sempre più accentuandosi.
Dopo il Doge fa anch’essa il suo ingresso solenne nel pubblico palazzo col capo coperto dal corno ducale. Nel giorno stabilito la Dogaressa attendeva il Doge nella sala del Palazzo e dopo uno scambio di saluti e auguri regalava ai consiglieri e al Cancelliere Grande una borsa tessuta d’oro, poi, scortata dalle matrone che sorreggevano il suo lungo strascico, dai congiunti del Doge, dai Procuratori, i Consiglieri, i Senatori e i Patrizi, saliva sul Bucintoro che la portava, seguita da un lungo corteo di barche, alla Piazza San Marco.
Qui, dopo aver fatto un giro con il corteo, tra lo scampanio dei sacri bronzi, il suono dei musici e il rombo dei cannoni entrava per la porta Maggiore della basilica ed era ricevuta solennemente dai canonici e salutata dai versetti dell’Oremus e poi dal Te Deum. Finito questo si sedeva nel seggio ducale e dopo aver dispensato alquanti ducati ai canonici, giurava l’osservanza della promissione nelle mani del Cancellier Grande.
Con questa formalità terminava la cerimonia ecclesiastica e la Dogaressa con il suo corteo si avviava a Palazzo Ducale, solennemente addobbato per l ‘occasione. Si avviava poi alla Sala del Piovego e dopo che si era seduta nel seggio ducale le veniva detto:”
Vostra serenità, sicome viva è venuta qui in questo locho a tuor il possesso del Palazzo, cosí vi fo intendere et sapere che quando sarete morta vi saranno cavate le cervella, gli occhi et le budelle, et sarete in questo locho medesimo, dove che per tre giorni havrete a stare avanti che siate sepolta”. Lei doveva rispondere:”In bonora sono contenta di quello che dite quando piacerà alla Maiestà de Dio“.
Dopo questo memento mori, che doveva richiamarle alla mente la fugacità delle cose terrene, passava nella Sala del Maggior Consiglio e, sedendo nel seggio ducale riceveva l’omaggio di tutti gli astanti.
Compiute queste cerimonie andava finalmente a raggiungere il Doge che l’attendeva con altri consiglieri e quindi si dava inizio alle feste che duravano tre giorni. Le feste per la Dogaressa divennero sempre più pompose tanto che nel 1645 finirono col proibirle.
liberamente tratto da: “Dogi di Venezia” A. da Mosto