COSSA ME MANCA (COSA MI MANCA). LE NOSTRE RAIXE
Di Millo Bozzolan
Mi manca Il Veneto di una volta, che, mi spiace per la Kyenge e la Boldrini, non apparterrà mai ai nuovi “italiani”: quello dei paesi col parroco alla Don Camillo, i matrimoni sulle aie, con il suonatore di fisarmonica e la gente che balla allegra, mentre qualche vecchia del paese si abbuffa vittima della propria fame antica. Ricordo ad esempio la mia bidella delle elementari, che si imboscava il cibo in una borsa nascosta, invitata al matrimonio 😀 .
Mi mancano le osterie piene di fumo dove si tirava pure qualche bestemmia e ci si scazzottava, ma poi si andava in chiesa ogni domenica mattina con la camicia bianca stirata e il vestito buono; ci si scazzottava per antiche antipatie o per le vecchie storie della guerra, tra neri e rossi, ma se uno era in difficoltà tutti lo aiutavano perché del vangelo magari si parlava poco, ma lo si praticava ogni giorno nei momenti difficili.
Venezia era un sogno lontano, ma ci si sentiva comunque parte di quel sogno, era la nostra Venezia e per qualche coppia più povera era ancora la meta del viaggio di nozze, dal profondo Veneto alla gondola sotto il Rialto, per la foto di rito, da esporre sotto vetro per il resto della vita, nel tinello tirato a lustro.
Ebbene, quelle sono le “nostre” radici, sono nostre e non possono essere di nessun altro, non perché siamo cattivi ed egoisti, ma perché ogni pianta ha le sue e non può dividerle con altre piante.
E’ nell’ordine naturale delle cose, non si può condividerle, le radici, per decreto ministeriale, si fa una cosa cattiva se si forza la natura, e nascono problemi di rigetto, che possono essere molto forti.