ESERCITO VENETO: I DRAGONI NEL ‘600, come sono nati e il loro impiego.
di Alberto Prelli
I dragoni erano fanteria montata. Si servivano del cavallo per rapidi spostamenti , ma combattevano appiedati.
Erano utilizzati per presidiare punti strategici, dare sicurezza a chi faceva foraggio e provvedeva in genere ai rifornimenti, pattugliare all’esterno l’accampamento.
Una compagnia di “moschettieri a cavallo” è presente nel 1617 durante la guerra del Friuli. Il nostro dragone porta il moschetto a tracolla dietro la schiena e la miccia accesa avvolta intorno al polso. Indossa un morione a punta e degli stivali, a volte sostituiti dalle scarpe.
Approfondimento
Come abbiamo detto, i primi dragoni, in realtà eran chiamati “moschettieri a cavallo”, questo ne rende chiaro e deduttivo l’impiego come truppa di fanteria che si sposta a cavallo per motivi di celerità e per la tipologia di impiego.
Prima dei moschettieri a cavallo furono impiegati dei balestrieri, con compito analogo; quindi se vogliamo, la storia dei dragoni ha radici ancora più antiche. La balestra fu sostituta dall’archibugio (un fucile più corto del moschetto, che prenderà piede dopo) e da due pistole alla fonda, spada.
L’archibugio (con meccanismo di sparo a ruota e prima a miccia) era considerato più efficace della pistola, infatti la seconda si usava solo a cortissima distanza “appoggiandola quasi a chi si voleva trarre”
A Mario Savorgnan, la spada in dotazione a questi cavalieri non sembrava di alcuna utilità. Aldo Massari distingueva due tipologie di archibugieri a cavallo: quelli che portavano “spada. Pugnale, archibuso avanti e anco alle volte, la pistola” e quelli muniti di lancia, e pistola, ma privi di “archibuso” e “coperti di armi leggiere”.
La spada doveva essere non troppo lunga né pesante, essi dovevano indossare “ stivali in gamba, gli speroni e la casaca”. L’archibugio doveva esser sostenibile con una sola mano e riposto nell’arcione “di buonissima vacchetta”. Il conte di Basta (1611) raccomandava un astuccio di cuoio, legato alla coscia destra, contenente “docici caricature di carta ligata con balla…e un altro astuccio con sei caricature attaccato al fodro nell’arcione”.
Il cavallo degli archibusieri a cavallo doveva essere (Pellicciari, 1600) “quieto, castrato, presto alla mano e allo sperone, che salti, galoppi e corra bene e non abbia tema di archibugiate”, perché il soldato molte volte era “astretto a mettere piede a terra e lasciare il cavallo, over in campagna rasa valersene per parapetto” (povero cavallo…). Queste e molte altre notizie in merito le troverete nel libro (veramente bello) di Alberto Prelli, “Sotto le bandiere di San Marco, le armate della Serenissima nel ‘600”, ed Itinera. Contiene decine di tavole a colori di grande formato, come questa, del disegnatore Pietro Compagni.