“FAR EL SO DOVER” LA DIFFERENZA TRA IL PATRIZIO VENETO E LA CRICCA D’OGGI.
Di Charles Diehl
Poche esistenze sembravano più utili e più piene della vita di un patrizio veneziano. Come un tempo nell’antica Roma, tutte le carriere si aprono nello stesso modo, simultaneamente, nella politica e nella diplomazia, nelle armi e nell’amministrazione, ed egli passa continuamente dall’una all’altra.
Il patriziato è un vasto vivaio di uomini di stato, di ambasciatori, di capitani, amministratori. E nessuno, a meno che non sia un prete, può sottrarsi al servizio che lo Stato gli impone.
E’ un principio a Venezia che il patrizio ha dei doveri verso la Repubblica: nessuno, pena un’ammenda, può rifiutare l’incarico per il quale è scelto, l’ambasciata per il quale è designato; perché un nobile possa occuparsi delle sue faccende personali, della sua banca, dei suoi affari, occorre che un’autorizzazione speciale lo sollevi dalle funzioni che occupa.
C’è una reale bellezza nell’unica occupazione che domina tutte queste esistenze, e che fa subordinare loro ogni cosa, sacrificare tutto per l’amore della Patria, alla cura dei suoi interessi e la sua gloria.
” A Venezia, come si è detto, l’individuo si fonda, per così dire, sul governo. Non c’è nessuna personalità al di fuori dello stato, vediamo soltanto cittadini uniti per il servizio. Ingranaggio modesto, ma utile, della grande macchina del governo” ognuno lavora esclusivamente per il bene della città (dello stato veneto) e, con un’ammirevole abnegazione, accetta ed adempie al meglio “il ruolo più o meno obbligato che l’incarico gli conferisce per il bene di tutti”.
E’ il segreto della forza di Venezia; è per questo che, fino agli ultimi giorni della sua vita, proprio quando aveva cessato di essere grande potenza, la Repubblica ha saputo, grazie alle qualità di coloro che servivano la sua politica, la sua amministrazione, la sua diplomazia, figurare ancora nel mondo.
da ” La Repubblica di Venezia”