GALEAS PAR MONTES: l’incredibile (e sconosciuta) impresa ingegneristica e militare veneziana del XV° secolo.
Di Luigina Pizzolato
Nel 1438 il duca di Milano Filippo Maria Visconti, con una poderosa offensiva, aveva conquistato ampie zone confinanti con la Serenissima, arrivando fino al lago di Garda e ponendo l’assedio a Brescia. L’esercito milanese era guidato dal capitano di ventura Niccolò Piccinino. I viscontei avevano occupato anche le città di Peschiera del Garda e di Desenzano, rendendo così impossibile un’offensiva da parte veneziana via terra, l’unica via possibile rimasta era la parte settentrionale del Garda, comprendente Torbole e Riva. La Serenissima, con il Doge Francesco Foscari, non poteva perdere la città di Brescia, alla fine di novembre il Maggior Consiglio accettò la proposta, azzardatissima, dell ingegnere Biaso de Arboribus e del marinaio greco Nicolò Sorbolo.
La proposta era qualcosa di scioccante: il trasporto via terra di una cospicua flotta, attraversando i monti fino a raggiungere il lago di Garda, dove l’abilità marinara di Venezia avrebbe potuto farsi valere..
Il progetto, prevedeva che una robusta flotta risalisse l’Adige, poi, a Rovereto, fosse messa in secca, ossia portata sulla terra e da lì trascinata, attraverso un percorso costituito da tronchi d’albero lungo la valle di Loppio (all’ epoca era uno specchio lacustre, ora fertile pianura) fino a giungere al lago di Garda, nel piccolo porto di Torbole. Da lì la flotta veneziana avrebbe preso alla sprovvista quella milanese e liberato Brescia, aggirando il blocco terrestre.
L’arsenale in brevissimo tempo allestì la flotta necessaria: 25 barche grosse, 2 galee e 6 fregate.All’inizio del 1439 la flotta raggiunse le foci dell’Adige, iniziando la navigazione del fiume da Sottomarina di Chioggia, passando poi Legnago e arrivando fino a Verona.La gente del luogo ne rimaneva colpita all’ insolita vista dei vascelli attraverso le campagne.. I ghiacci non erano ancora sciolti, a monte e così il fiume aveva poca acqua e gli ingegneri veneziani pensarono a dei galleggianti per diminuire il pescaggio delle grandi imbarcazioni e farle senza giungere a fino a destinazione.
A Mori, nei pressi di Rovereto, le navi vennero tratte in secca. Vennero assoldati migliaia di persone: falegnami, sterratori e carpentieri, sotto la guida dal sapiente marinaio Niccolò Carcavilla. Il loro compito non era tra i più facili, dovevano costruire una di svivolo, composto da tronchi sistemati orizzontalmente e paralleli alla strada. Così scavando, allargando o livellano strade, aprirono vie tra i boschi. Servirono ben 2000 buoni e centinaia di uomini reclutati tra i contadini del posto e regolarmente retribuiti. Come i marinai delle galee, anc’essi venivano pagati dalla Serenissima, era la politica di Venezia.
Grazie alla forza dei buoi, le grandi navi vennero trascinate tirate e fatte rotolare su rulli sopra una strada di tavole di legno. Un lavoro e uno sforzo immani, finalmente, arrivati al laghetto del Loppio, fu possibile rimettere le navi in acqua, seppure per pochi chilometri. Venne la parte più difficile, il passo di San Giovanni, una salita impervia, durissima. Ma ancor più dura e difficoltosa fu la discesa verso il lago, l’ agognato traguardo che si apriva una volta superato il Passo. Si decise di far scendere lentamente le navi trattenendole con grosse funi e facendole scivolare più lentamente possibile. La metà era lì, Torbole attendeva la grande flotta veneziana che aveva scavalcato le montagne! Le difficoltà sono enormi, i grossi ulivi secolari cedono sotto il peso delle navi, ma il pomeriggio vento contrario aiutò l’impresa: si aprirono le grandi vele per frenare la discesa.
Dopo 15 giorni le navi raggiunsero il lago, dove però i Milanesi non si fecero cogliere impreparati, lo scontro finì a loro favore. Due sole navi veneziane si salvarono nel porto di Torbole, ma si riuscì ugualmente a soccorrere la città di Brescia, che potè sostenere un altro anno di assedio. Venezia non di diede per vinta e nei mesi successivi riuscì ad allestire una nuova flotta, con materiali e manodopera inviati a Torbole via terra.
Il 10 aprile una flotta comandata da Stefano Contarini i Veneziani sconfisse i Milanesi al largo di Ponale, acquisendo così il dominio sull’intero Garda.
L’ opera ingegneristica ebbe un costo elevatissimo per le casse di Venezia, ma se parlò con meraviglia e stupore in tutta Europa. Ai Veneti odierni, stranamente, è quasi completamente sconosciuta.
Jacopo Robusti, detto il Tintoretto, immortalò l’epica impresa, dipingendo La difesa di Brescia, che si può ammirare in una delle Sale di Palazzo ducale a Venezia.
Nel video, una magistrale, seppure sintetica, descrizione dell’impresa.