Giovanni Belzoni padovano Esploratore e Archeologo
di A Giovanni Zanon.
Un gigante di statura ed intelletto in Egitto all’inizio del 1800
G.B. Belzoni Ingegnere, Esploratore, Archeologo
Giovanni Battista Belzoni è una delle personalità meno note al pubblico tra i Grandi dell’Archeologia che studiarono e scoprirono le meraviglie della civiltà Egizia antica, dall’inizio dell’800 ai giorni nostri. Nato a Padova nel 1778, primogenito di Belzon Giacomo e Pivato Teresa, il padre di professione Barbiere in località Portello, il porto e darsena di Padova, luogo di commerci, traffici, viaggiatori. Da ragazzo aiutò nella bottega il padre, ma all’età di 16 anni, spinto dal naturale bisogno di conoscenza lo ritroviamo a Roma, attratto dalla sua storia, dai monumenti, ma soprattutto per studiare Idraulica.
Dopo la conquista napoleonica di Roma, a 21 anni, temendo la leva obbligatoria imposta da Napoleone nei territori della defunta Serenissima partì per Londra con il fratello Francesco.
Giovanni era diventato un bel giovane signore di aspetto gentile ed affabile, dalla statura gigantesca, 2,10 m, ben proporzionato e dalla forza erculea. A Londra trovò assieme al fratello impiego in una compagnia teatrale di “avanspettacolo” , ricoprendo vari ruoli, finché non convinse il direttore a mettere in scena degli innovativi spettacoli di “acqua e luci” di grande successo, dei quali era l’ideatore. Oltre a questo era diventato famosissimo in Inghilterra per lo spettacolo di forza e destrezza che portava in scena con il nome d’arte di “Sansone Patagonico”, ove sollevava e portava in giro per il palco fino a 12 persone mediante speciali imbragature.
E’ di questo periodo che cambiò il suo cognome da Bolzon, difficoltoso per gli inglesi, in Belzoni, più consono al paese. Sempre in questo periodo conobbe e poi sposò Sarah Parker una giovane ed affascinante ragazza irlandese di grande cultura, amante dell’avventura e dei viaggi, che rimase sempre a fianco di Giovanni in ogni sua impresa, tranne l’ultima fatale.
Sono ormai passati 8 anni di spettacoli in giro per l’Inghilterra, a Giovanni questa vita cominciava a stare stretta, decise pertanto col fratello di accettare l’ingaggio per spettacoli nel Sud Europa, anche per conoscere questi paesi, e si esibì alle corti reali di Spagna e Portogallo. Alla fine del 1814 lo troviamo a Malta, il fratello Francesco era tornato a Padova, Giovanni e Sarah vorrebbero andare a Costantinopoli per dei progetti Idraulici, proprio in quel periodo conobbero un agente del Pascià d’Egitto Alì M. che cercava ingegneri per una macchina idraulica atta a migliorare l’irrigazione sul delta del Nilo.
Siamo all’inizio 1815, a Giovanni venne assegnato l’incarico del progetto della macchina, che dopo mille peripezie e fatiche, per la mancanza dei più elementari strumenti e materiali di lavoro, venne portato a termine. Il Pascià fu entusiasta dei risultati, molto meno i suoi ministri che osteggiavano la innovazione, aiutati in questo, dalle proteste per paura di perdere il lavoro, dai braccianti dell’acqua, fatto con metodi arcaici. Il Pascià per evitare rivolte cancellò il progetto e non pagò Belzoni.
Durante questo periodo della macchina, Belzoni conobbe diverse personalità occidentali al Cairo: il viceconsole supplente Inglese. Il console francese Bernardino Drovetti, un piemontese, grande viaggiatore e accanito collezionista di antichità egizie. La sua grande raccolta venduta al re Carlo Felice è stato il primo nucleo della grandiosa raccolta del museo Egizio di Torino. Il famoso esploratore svizzero Johan Burckhard, scopritore della perduta città di Petra. Queste si rivelarono fondamentali per il proseguo della attività di Giovanni, dal punto vista economico, ma soprattutto per la quantità di conoscenze dell’antico Egitto che apprese.
In quel periodo molto forte era la competizione tra gli inglesi e francesi tra chi riuscisse ad impadronirsi dei migliori reperti dell’antico Egitto, nella più completa indifferenza delle autorità egiziane che rilasciavano, dopo lauto compenso, ogni autorizzazione di scavo e recupero dei reperti. Erano cacciatori di tombe e di reperti non degli archeologi, cioè dei razziatori.
Recupero del busto di Memnone
Proprio allora Belzoni ricevette dal viceconsole inglese, impressionato dalle sue capacità tecniche, di recuperare dalle sabbie del deserto a Tebe il busto del Memnone (poi riconosciuto Faraone Ramses II°) una colossale statua in granito del peso superiore alle 8 tonnellate, per conto del British Museum, cui sia Napoleone che Drovetti avevano desistito per le enormi difficoltà incontrate.
Belzoni riuscì in poche settimane nell’impresa di trasportare la statua sulla riva del Nilo, con gli stessi metodi impiegati dagli antichi egizi a trasportare la statua al tempio di Tebe, suscitando ammirazione degli inglesi ma disappunto del Drovetti.
La statua doveva essere spedita ad Alessandria con una imbarcazione speciale. Nell’attesa di questa, Giovanni visitò tutto l’alto Nilo sino alla II° cateratta nella regione della Nubia, dove su indicazione del suo amico Burckhard, avrebbe visto su una roccia lo spuntare di un volto gigantesco, in località Abu Simbel.
Scoperta del tempio Abu Simbel
Giovanni intuì la presenza di un enorme tempio sepolto dalla sabbia, e con pochi mezzi e uomini, si mise a scavare sotto il sole rovente del deserto, liberando parzialmente il templio antico. Si trattava del famosissimo e colossale tempio di Ramses II° che celebrava la sua gloria e vittorie sui nemici Hittiti e Nubiani.
Il tempo era tiranno, doveva tornare a completare l’imbarco del Memnone, quindi incise su un lato di una colonna il proprio nome, prendendone possesso, per poi tornare a completare la scoperta.
Il successo del recupero dell’enorme statua fece diventare famoso Belzoni agli occhi delle autorità, nel frattempo era arrivato il nuovo Console Inglese Salt Henry un nobile arrogante, di poca cultura, ma anche pratico e intento ai suoi guadagni, che accettò di finanziare il disseppellimento finale del tempio di Abu Simbel, facendo a metà sui tesori eventualmente ritrovati. Questa operazione scatenò la gelosia del Drovetti, che da questo momento fino alla fine intralciò e tentò di sabotare ogni operazione archeologica del Belzoni.
Giovanni descrisse minuziosamente nelle sue “Memorie” tutte le operazioni di scavo e rinvenimento, disegnò accuratamente la struttura del tempio santuario, le statue e i geroglifici presenti. Tutto ciò lo differenzia profondamente dai razziatori al soldo delle varie Nazioni, definendolo come antesignano dello scavo Archeologico Moderno.
Grandiosa fu la giornata dell’accesso all’immenso tempio ritrovato dopo ben 2500 anni, grande fu il riconoscimento delle sue qualità di scopritore e archeologo dalle autorità egiziane e diplomatiche presenti, ma nessun prezioso fu trovato, con grave disappunto del Console Salt.
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Fine prima parte
2 Risposte
[…] archeologo ed esploratore Veneto, nato a Padova nel 1778 e vissuto tra Londra e l’Egitto. La prima parte aveva descritto la sua giovinezza e le prime scoperte, incluso lo straordinario disseppellimento […]
[…] La vera svolta e la fine del suo continuo peregrinare in cerca di un lavoro stabile arrivò con le giuste conoscenze: ebbe la fortuna infatti di conoscere il console di Russia e, suo tramite, il triestino Annibale De Rossetti che in Egitto aveva vasti interessi commerciali oltre ad essere al Cairo console di Austria e Russia. Detto fatto: Il 14 Ottobre di quell’anno salpò per Alessandria e da li risalendo il Nilo pervenne a Il Cairo dove Annibale de Rossetti gli fece gli onori di casa presentandogli anche un personaggio che poi passerà alla storia: Giovan Battista Belzoni […]