Giovanni Belzoni padovano scopre la Piramide inviolabile
di Giovanni Zanon, parte II.
Continuiamo il racconto della avventurosa vita di Giovanni Belzoni, archeologo ed esploratore Veneto, nato a Padova nel 1778 con cognome Bolzon e vissuto tra Londra e l’Egitto. La prima parte aveva descritto la sua giovinezza e le prime scoperte, incluso lo straordinario disseppellimento del tempio di Ramses II. Circa un mese durò la spedizione ad Abu Simbel, grandissima fu l’eco di quella straordinaria scoperta in tutto l’Egitto, con le visite al templio delle autorità locali del Drovetti e Salt, con le felicitazioni per la scoperta.
La scoperta delle Tombe reali.
Ritornato a Tebe Giovanni rincontrò la moglie, ottenne delle concessioni di ricerca e scavo. Riguardavano la zona ad Ovest del Nilo in pieno deserto roccioso, chiamata “Valle della Porta”, poi rinominata, da Belzoni, nella famosa “Valle dei Re”.
Giovanni per circa un mese ispezionò le pareti dei numerosi Wadi (letti di torrenti in secca) che la costituivano, finché non capì le differenze morfologiche tra i detriti e pareti naturali da quelle artefatte che celavano le tombe. Iniziò in una Wadi abbastanza ad Ovest trovando una tomba intatta con 4 mummie e sarcofagi, di semplici dignitari di corte. Giovanni voleva le tombe dei Faraoni.
Si spostò in una valle più ad Est e qui con la sua incredibile abilità di interpretare le pareti rocciose scoperse nel giro di 15 gg ben 5 tombe reali, tutte purtroppo già saccheggiate in antichità: la grande tomba di Ramsses I, con notevoli arredi artistici, ma soprattutto la grandiosa e stupenda tomba di Seti I° padre di Ramsses II, stupendamente decorata di geroglifici smaltati a colori ed uno straordinario sarcofago in alabastro decorato.
Grande fu la meraviglia e invidia per la scoperta, tanto che il console Salt riconosceva pubblicamente la bravura di scopritore ed archeologo del Belzoni.
La tomba della Piramide inviolabile.
Ritornato al Cairo, Giovanni si accinse alla sua impresa più memorabile nel più assoluto riserbo: l’apertura della Piramide di Chefren. L’idea di misurarsi contro la piramide da tutti definita inviolabile lo stimolava da molto tempo. Alcuni mesi prima una missione francese, ben finanziata. L’idea di misurarsi contro la piramide da tutti definita inviolabile lo stimolava da molto tempo. Alcuni mesi prima una missione francese, ben finanziata, a colpi di mina aveva cercato l’entrata della tomba, ma inutilmente. Giovanni tentò l’impresa nella massima riservatezza autofinanziandosi. Dopo una settimana passata in ricognizione e confronto con la piramide di Cheope, con una nutrita squadra di operai egiziani si mise allo scavo nella parte Nord della Piramide.
La sua abilità nel riconoscere le minime irregolarità della parete messa a nudo, gli permise di vedere il punto esatto di scavo. Così si manifestò l’ apertura della tomba, grande fu l’esultanza, smorza presto da un grande masso posto come tappo a proteggere il cammino verso la tomba. Un mese ci volle per superare quell’ostacolo, poi il passaggio si spalancò davanti a lui fino ad arrivare nella cella sepolcrale.
Era però già stata violata almeno 600 anni prima, come recitavano delle incisioni arabe sulla pare. il corredo scomparso, rimaneva un sarcofago di granito nero, mancava la mummia, solo poche ossa sparse dentro. Per Giovanni la mancanza di oggetti preziosi era un aspetto secondario, lui per primo aveva violato la tomba inviolabile, sua era la fama. Volle scrivere, a memoria di tutti, in alto nella stanza sepolcrale in italiano “Scoperta da Giovanni Belzoni 28 febbraio 1828”.
Alla notizia tutta Il Cairo, autorità comprese si riversarono nella spianata di Giza per vedere quella meraviglia, e Giovanni accompagnava tutti i grandi dignitari dentro come se fosse il suo palazzo. Nel frattempo compilò la mappa precisa della piramide e della tomba, cosa assolutamente inaudita per gli altri razziatori in Egitto. Il console inglese Salt, pur contrariato per la scoperta autonoma di Giovanni, si felicitò ed informò Londra della grande scoperta fatta da Belzoni appartenente alla sua missione.
Il ritrovamento della città egizia scomparsa “Berenice”
Il frastuono della scoperta però infastidiva Giovanni che vedeva ritardati i sui progetti. Ritornò pertanto a Tebe a ricopiare su cera i meravigliosi geroglifici della tomba di Seti I°, e qui accadde una cosa strana. Arrivò al campo di scavo di Belzoni un minatore ammalato che raccontava del suo lavoro nelle cave di smeraldi ad Est verso il mar Rosso.
Le antiche cronache dell’Egitto raccontavano di una fiorente città portuale sulle rive del mar Rosso, famosa per le miniere di smeraldi e dell’oro che lì si rinveniva: Berenice fondata da Tolomeo Filadelfo nel 275 aC, e poi scomparsa dalla storia. La smania di ritrovare Berenice si impossessò di Giovanni, i lavori sui geroglifici erano terminati e lui predispose una spedizione in quelle zona ancora inesplorata.
Belzoni trovò le miniere di smeraldi e poi con il suo straordinario intuito, senza guida ed acqua, anche l’antica Berenice, una grande città commerciale e portuale sul Mar Rosso, deserta ed annegata dalla sabbia, con i resti di un bel templio al centro di essa. Non si poteva scavare né fermarsi, Giovanni fece la conta delle case, la mappa della città, raccolse qualche reperto archeologico egizio, e ripartì maledicendo la sfortuna di non avere avuto una vera carovana con più uomini, acqua e viveri.