I laori de na olta
di Laura C.
Volutamente il titolo è in Lingua Veneta per ricordare e celebrare lavori di un tempo ormai passato, lavori tutti riconducibili alla realtà rurale di un tempo che per loro natura sarebbero difficilmente traducibili in italiano.
I lavori che si facevano nelle nostre strade, rionali o cittadine oggi infatti sono praticamente scomparsi; erano tanti lavori perché ognuno si ingegnava per portare a fine giornata qualcosa per cena, a casa, dove spesso c’erano anche diversi figli.
C’era chi aggiustava le sedie “el caregheta”, chi faceva le ceste di vimini “el sestaro”, chi costruiva le botti “el botaro” e così via per i lavori artigianali.
C’erano poi lavori particolari come “el barcaro” che trasportava spesso le persone lungo i corsi d’acqua da una località all’altra.
Le massaie svolgevano lavori utili alla famiglia come la raccolta delle “begnigole” “scrissioi” “carletti” “bruscandoli”; c’era chi raccoglieva le erbe medicinali per la cura delle persone. Spesso questa figura aveva del paranormale. Chi sapeva curarsi con le forze della natura era visto con una certa diffidenza e creduto stria o stregon.
C’era poi chi raccoglieva gli stracci buttati da altri “el strassaro”. Qui si può raccontare di una figura conosciuta nei paraggi di Este nella Bassa Padovana. Passava per i paesi una volta alla settimana,indossava un grembiule grigio e sull’orecchio portava una matita “incricà”.Con la sua trombetta di ottone percorreva le stradine di terra e richiamava le donne.
La particolarità era che non aveva stracci da vendere o da acquistare, ma era “el Vago”, un casoin viaggiante e le donne accorrevano tutte dalle case ed era un momento di festa anche per i ragazzini che giocavano nelle corti.
Uno dei lavori scomparsi al giorno d’oggi era “el polamarolo”, che vendeva galline, galli e uova e che anche lui,per mezzo di un carro prima, e più tardi negli anni 1960/1970 con una macchina, portava la propria mercanzia di casa in casa.
Insomma.. tanti lavori che oggi non ci sono più ma che hanno caratterizzato la nostra terra per molti decenni.
“Al me paese ghe jera el scarparo. La zente no gavea schei pa conprarse le scarpe nove e cusì onj olta che se ronpea le scarpe o le sgiavare o le sgalmare come che i le ciama da cualche altra parte, se corea dal scarparo par giustarle. Jera on laoro che saea da cola e da pele e lu senpre co i oci so le scarpe che el gavea da justare.
Jera on artista che godea ogni volta che el savea justare ben e scarpe de cualche d’un e el podea darghe oncora on poca de vita”.