IL 20 LUGLIO E I VENETI “CATTIVI” DA NON RICORDARE
Cade oggi l’anniversario della battaglia di Lissa, in cui gli equipaggi austro veneti sconfissero clamorosamente la flotta “italiana” comandata da un ammiraglio incapace, tale Persano, che coprì di ridicolo (malgrado la tragicità dell’evento) la nascente flotta tricolore.
E’ rimasta nella storia la frase dell’ammiraglio austriaco Tegethoff “Daghe dentro Nino, che la ciapemo!” in perfetto veneto, rivolta al timoniere Vianello di Pellestrina, detto “gratan o graton” per motivi a noi ignoti 🙂 e la fonte come notò Ettore Beggiato, essendo di uno storico risorgimentalista italiano, pare certa.
L’equipaggio della flotta austriaca in navi ancora di legno, era veneto dalmatino e la lingua usata era il veneto poiché anche gli ufficiali austriaci lo parlavano fluentemente venendo dall’accademia navale veneziana e dovendo comandare equipaggi che, anche dalmatini, parlavano quell’idioma, non certo il tedesco.
La flotta era chiamata “austro veneta” fin al fatidico 1848, anno dei moti anti austriaci, in cui Venezia si battè come una Leonessa con i veneti d’entro terra per ripristinare una indipendenza ma in chiave federalista col Leone sotto la bandiera italiana . Poi andò come sappiamo, e col senno di poi l’Austria si fece rimpiangere.
Malgrado fossero pur sempre ai Veneti di allora dei padroni estranei, la sua amministrazione fu corretta, mai in mano a profittatori, e Vienna risollevò la nostra Capitale dalla miseria nera in cui era sprofondata, facendone un porto franco e puntando sul turismo, collegandola alla Terraferma dalla ferrovia che ancora oggi parte da Mestre. Non solo, Venezia fu unita nello stesso modo anche a Milano e ancora oggi si viaggia su quei binari.
La memoria negata.
Quei veneti che comunque si batterono come leoni sotto il vessillo austriaco, oggi nessuna autorità locale sembra volerli ricordare, troppo scomodi: non a caso l’unico monumento dedicato a uno di loro, si trova a Novi nel trentino annesso dopo la grande Guerra, e per fortuna non ha fatto la fine del Leone di Lissa, sequestrato nella accademia militare della marina di Livorno, onde occultarne la vista e in segno di sfregio evidente:
Nomi è un grazioso borgo trentino nella Val Lagarina, a pochi chilometri da Rovereto, e nella imponente chiesa ho trovato un notevole monumento al barone Enrico de Moll, capitano di vascello, comandante della nave corazzata “Drache” della flotta austriaca, che perse la vita nella battaglia di Lissa (20 luglio 1866). (Ettore Beggiato).
Ecco quindi il dovere di ricordarli noi, ogni anno, per rammentare quanto ci tenga lontani dal sentimento di appartenenza di un’unica nazione, questo comportamento che cancella la storia dei veneti ad ogni occasione. L’ultima persa o che si sta perdendo, è il rifiuto, al momento, di una pur minima autonomia e forma di auto governo dopo il referendum in cui la maggioranza dei Veneti lo chiedeva in maniera forte, insieme ai Lombardi. Un Lombardo Veneto risorto.
Una risposta
[…] di incompetenza e personali gelosie il 20 luglio, quindi nemmeno un mese dopo, dalla regia marina sul mare di Lissa. Non sono bastate alla marina italiana la schiacciante superiorità numerica e tecnologica per […]