IL CONTROLLO DEI FUNZIONARI PUBBLICI NELLO STATO VENETO
Ci raccontano spesso che eravamo governati da una oligarchia veneziana che faceva solo i propri interessi di classe dominante in una città stato, ma a leggere quel che segue, non doveva essere proprio così: ad esempio, a differenza di oggi, esistevano funzionari ispettori inviati periodicamente, o in seguito a lagnanze degli amministrati, chiamati “sindici inquisitori” i quali invitavano “alcuno, et sia di che stato, conditione esser si voglia” che “avesse ricevuto nella vita, nella robba (nei beni), o nell’honore, estorsione, usure, espilationi, et tirannidi di ogni sorte” a comparire dinanzi a loro per sentire “gli effetti propri et convenienti della giustizia con il ressarcimento senza danni della spesa.
Le indagini si estendevano contro i Rettori (specie di Prefetti che tuttavia agivano nel rispetto assoluto delle consuetudini e leggi locali) “per trafichi, guadagni ingordi, espilatione (spoliazione), oppressione de’ popoli ” e contro i Cancellieri, esattori, amministratori dei Monti di Pietà, e così via.
E Carlo Contarini (uno dei sindici di Levante) minacciava addirittura la pena di morte, per chiunque tentasse di intimorire, con “prieghi ,parole” minacce chi volesse sporgere denuncia.
Ma il Senato, nel contempo, esortava i “sindici” ad esser cauti, a non mostrare malanimo preconcetto verso gli inquisiti, ma di comportarsi con necessario distacco nell’indagine, nell’interesse sopra ogni cosa, della Giustizia. La Giustizia Veneta, non a caso, non era mai raffigurata con la benda, doveva operare cosciente di di quello che faceva, e non alla cieca.
Sunto tratto da “Una città, una Repubblica, un Impero” di Alvise Zorzi, ristampato dal Gazzettino.
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