IL FARMACO E LA SUA FABBRICAZIONE- LA “SPEZIERIA”
In un articolo precedente,sempre ripreso dal Cacciavillani, vi ho illustrato quanto fosse all’avanguardia lo stato veneto nell’assistenza pubblica in campo medico, riuscendo a garantirla a tutti, attraverso l’istituzione, prima in Europa, del medico di base. Oggi vi parlerò dei farmaci che questi medici prescrivevano. Sempre pescando dal Cacciavillani, grande storico delle istituzioni della Serenissima,
Del tutto separata dalla medicina era la spezieria, la fabbricazione dei farmaci, una attività in cui Venezia rifulse pr secoli come capitale mondiale dell’arte. Il relativo Capitulare de spezialibus, del 1258, divideva gli speziali in grossisti, raffrontabili ai nostri droghieri, e “spezieri da medicine” o farmacisti propriamente detti.
I progressi tecnici della medicina giunsero con enorme ritardo nella farmacopea; la spezieria era un’arte vicina all’artigianato, quando non sconfinava nell’esoterismo. Ne fu un esempio la triaca, mitica panacea fabbricata con formule segretissime da alcuni speziali di Venezia, che era il sogno di ogni potente, appena che s’avanzasse di età. Si dice che in pieno Cinquecento il Re del Portogallo si fornisse periodicamente di triaca in una celebre spezieria di Rialto, spendendovi somme enormi.
L’accesso generalizzato al farmaco restò a lungo ignorato; il suo acquisto era sempre un negozio di fiducia tra speziale e paziente. Solo intorno al Cinquecento si pensò di avviare, accanto alla celeberrima facoltà di Medicina una scuola di Farmacologia; “Nel febbraio 1543 il Bonafede prospettò ai Riformatori allo Studio dell’Università di Padova la necessità di fondar un Orto Pubblico, ove si coltivassero le piante medicinali, specialmente quelle delle regioni soggette al Dominio veneto, e così pure di annettere all’orto una spezieria modello, la quale, per mezzo delle pratiche comparazioni, servisse di esatta comparazione,cognizione ed autenticazione dei prodotti medicinali (pratica sperimentale ndr. ).
Gli esercitanti erano raggruppati nella relativa Scola, molto esclusiva, dato che l’arte si tramandava di padre in figlio, e al di là dei generici trattati agli speziali, ogni bottega vendeva ai clienti propri, già noti o raccomandati da altri clienti, in rigorosa esclusiva, sotto la vigilanza pubblica solo per assicurare il rispetto delle regole della Scuola.
Ivone Cacciavillani, “Lo stato da terra della Serenissima”