di Theusk
Noto come principale avversario del
Goldoni ma personaggio estremamente intelligente e attento al mutare degli umori di fine ‘700, capí la forza rivoluzionaria del
teatro borghese e come esso poteva divenire strumento nelle mani di un qualche movimento di protesta contro le conservatrici strutture civiche.
Per combattere questa tendenza partí dal concetto che soltanto il mondo irreale e non quello reale poteva, in quel preciso periodo politico, dare le migliori sensazioni agli spettatori, ma le sue commedie, ispirate al mondo delle fiabe, ebbero molto più successo all’estero anziché a Venezia.
Egli intendeva, con questo genere di teatro, evitare di agitare i veneziani alla vigilia di grandi eventi.
Quando a Venezia si stabilirono le strutture del
governo democratico francese, vennero istituiti i Teatri civici e alcuni artisti veneziani furono ingaggiati per tracciare le linee ispiratrici dell’attività di tali organismi.
Soprattutto si bandirono proprio le Fiabe di Carlo Gozzi che vennero definite “
poetiche stregonerie atte a mantenere il popolo nell’ignoranza e a fomentare i suoi pregiudizi“..
Mentre al Goldoni
la Francia riconobbe una pensione (troppo tardi perché morí in miseria),
a Carlo Gozzi precluse ogni possibilità . Il nuovo regime democratico decretó che nel teatro veneziano si dovevano porre in luce diversa le figure della Storia veneta, a partire da
Baiamonte Tiepolo, riconosciuto dai francesi come il primo esponente della democrazia popolare contro l’oligarchia aristocratica veneziana.
Il pezzo teatrale “Il matrimonio democratico“, di Antonio Sografi, dato per molte sere a Venezia, nel quale si mettevano alla berlina i nobili e i loro privilegi, sulla scia di un teatro pseudo goldoniano che del nostro commediografo non avrà nè l’ ‘altezza nè la potenza di rappresentazione, sarà uno dei molti pezzi teatrali giacobini che affosseranno l’arte teatrale veneziana.
Soltanto più avanti, dopo l’annessione, rinascerà un nuovo teatro veneto, ma sempre riprendendo il repertorio tradizionale settecentesco, con Riccardo Selvatico e Giacinto Gallina.
I personaggi di quest’ultimo saranno lo specchio dei tempi: non più ironici e spensierati come quelli del Goldoni, bensì intrisi di tristezza e miseria.
Dagli studiosi del genere, la sua commedia “La famegia del santolo“, è stata vista come un’anticipazione al teatro pirandelliano, nel quale è svanita la satira costruttiva del Goldoni, ma vi appare una triste e rassegnata accettazione delle nuove difficili condizioni in cui il Veneto e i veneziani si trovano a vivere.
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Come era prevedibile l’albero della libertà cuccagna francese non fruttificò a Venezia e nel Veneto dopo il saccheggio, le ruberie, l’assassinio sistematico di qualunque opposizione, la distruzione di ogni attività economica, e la miseri sopraggiunta, perpetrato da i nuovi “liberatori della égalitè,fraternitè libertè.” Mai catastrofe fu così violenta nella sonnolenta patriarcale, ma ricca Repubblica di Venezia, ancorchè con una classe politica nobiliare al comando, esangue, imbelle, corrotta, incapace persino di difendere se’ stessa dal, figurarsi il territorio, dal barbaro ladrone Napoleone. Per risvegliare degli esempi della loro ideologia, questi fransezi ricorsero a Baimonte Tiepolo nel 1330, che pensava ad un dominio personale a Venezia come i Carraresi a PD e gli Scaligeri a VR. Quanto di più lontano dalla loro nefasta Rivoluzione.