IL MESE NERO
Simonetta Dondi dall'Orologio IL MESE NERO E LE FESTE ECCLESIALI A VENEZIA
E qui il discorso, ovviamente, si rifà ai Veneti antichi, ai tempi in cui la vita era scandita dalle stagioni, dalle fasi lunari, dalle semine e dalle raccolte, ecc. Insomma: molto prima che arrivassero i romani, il che vale a dire circa verso il 230 A. C.
Non esistevano, presso i veneti, luoghi di culto sul tipo di templi o sacelli, in quanto essi adoravano la terra e le fonti d’acqua. Infatti il loro dio era una “dea”, la madre Rheitia, dea della terra e della fecondità, e le fonti, in quanto erano il simbolo della sorgente di vita.
I loro riti venivano svolti in grandi spazi e sotto ad un albero di quercia (simbolo di solidità e di forza), o presso una fonte d’acqua. Questi luoghi venivano chiamati “Luci”.
Le feste principali, sempre per quei tempi, erano due: i solstizi d’inverno e d’estate. La festa del solstizio d’ estate significava il punto massimo della raccolta del grano, dei cereali, della frutta, ecc. e il suo significato era di ringraziamento.
Ma il periodo più lungo dei festeggiamenti iniziava con il ringraziamento ai morti.(ora coincidente al 1 novembre); continuava con il riposo della terra e il termine di tutti i raccolti (S. Martino); con la festa delle luci e l’inizio del “mese nero” (oggi il 6 dicembre, S. Nicola); il giorno del solstizio d’inverno (oggi al 21 dicembre e poi il 25, Natale); il giorno del riconoscimento del sole (l’attuale 1 gennaio); e il giorno dei fuochi o panvineri (6 gennaio). Quindi proseguivano ai primi di febbraio con la festa delle nuove luci (oggi la candelora); e all’equinozio di primavera con l’inizio delle semine (oggi S.Giuseppe).
Lo stesso sistema usato nella terra, era trasposto anche in mare, o nelle lagune. Poiché anche il pesce, e la pesca, seguono l’andamento delle stagioni. Il periodo in cui la terra inizia il letargo invernale inizia a ottobre, e nello stesso periodo il pesce dalle lagune e dalle coste emigra verso acque più profonde, in quanto nelle acque basse è più accentuato il freddo invernale: e ciò il pesce non lo sopporta all’inverno, pur se all’estate lo stesso pesce cerca luoghi freschi ed ombrosi per stare al fresco. Sembra un paradosso, ma in natura è così. Questo periodo di migrazione, che dura fino a fine novembre, è chiamato il periodo della “fraìma”.
Come si è visto, dopo l’avvento del cattolicesimo, tutte queste feste hanno preso un significato religioso, in quanto la chiesa – viste le enormi difficoltà per sradicare queste antichissime tradizioni – non riuscendo a eliminarle, le ha modificate e cambiate in sue feste comandate.
Innanzi tutto bisogna notare che a quei tempi l’anno non iniziava al 1 gennaio, bensì all’ 1 marzo, in quanto – come già detto – tutto era regolato dalla natura, e non dall’uomo.
Ma noi prendiamo solo il periodo dall’attuale 1 novembre.
Si iniziava allora la salatura delle carni o alla loro affumicazione per mantenerle. Ma questa incombenza era già in atto da alcuni giorni, solo che la festa la si faceva tutti assieme.
Dunque, nella notte tra l’attuale 31 ottobre e il 1 novembre (continuiamo pure, per semplificare, ad accettare il calendario attuale) vi era il ringraziamento ai morti della famiglia i quali, secondo le credenze, ogni anno tornavano per farsi pagare il contributo di quello che avevano lasciato: e, dopo che la famiglia aveva mangiato, lasciavano del cibo per quelli “che tornavano”. Ma fuori delle porte mettevano anche delle zucche vuote, segate a mò di faccione, ed illuminate all’interno. Queste significavano quale deterrente per i morti non di casa e per cacciare gli spiriti maligni!
Oggi è conosciuta come festa di Hallowen! Invece è una nostra antichissima tradizione, che altre religioni se ne sono appropriate!
Verso la metà di novembre, la natura va del tutto in letargo e finiscono tutti i raccolti, compreso l’ultimo che è delle castagne.
Allora i bambini giravano per le abitazioni altrui con dei campanacci, o altri oggetti che facessero rumore, per chiedere un dono da mettere in disparte per l’inverno. Oggi questa festa è stata cristianizzata col nome di s.Martino….
Al 6 dicembre inizia il “mese nero”, ossia il mese in cui le giornate sono le più brevi. Allora si tenevano dei lumi accesi innanzi alle porte, alle vie principali, ai luoghi, o “Luci” di culto, ecc. Oggi è S.Nicolò (e questa festa è ancora oggi conosciuta in molti paesi e città del Vento. Perfino qui a Murano è festa…), che nei paesi nordici è Sancta Nicolaus e più brevemente chiamato SantaClaus: anche di questo se ne sono appropriati gli americani…
E le giornate si accorciavano sempre più…
Poi al 14 dicembre c’era la festa delle luci in casa (o nelle capanne, a quei tempi), e stava a significare all’unità della famiglia. Si festeggiava con i prodotti della terra.
E le giornate si accorciavano sempre più…(oggi sarebbe la festa di S. Lucia, patrona della vista…)
Al 21 dicembre era la grande festa del solstizio d’inverno, giorno in cui la notte era la più lunga e, ovviamente, il giorno più breve.
Allora venivano accesi dei fuochi nelle radure, nei rami degli alberi, venivano fatte delle feste particolari con cibi e bevande ed alle quali doveva, simbolicamente, partecipare anche il sole.
Questi fuochi dovevano servire al sole per non dimenticarsi di illuminare ancora la terra.
(La chiesa, visto che non era capace di sradicare la tradizione di questa festa, verso il 1200, con s.Francesco, ideò che la nascita di Gesù fosse portata al 25 di dicembre, quando prima la festeggiava al 4 novembre…)
Le feste delle luci continuavano fino alla fine di dicembre e culminavano il 6 gennaio con i grandi ed enormi falò, per cui ancor oggi si fanno previsioni sull’annata secondo lo spiare delle scintille.
Il significato dei falò è quello di indicare al sole – simbolo di vita – la strada per rinascere, per ritornare.
La prima è l’attuale 1 gennaio, circoncisione di Gesù, ed il 6 ne è l’Epifania.
Come si è potuto notare, tutte le nostre antichissime feste sono state modificate in festività religiose cattoliche…
Anche la Candelora coincideva con i primi lavori della terra: venivano accese delle luci il cui significato era quello di indicare al sole la giusta via da percorrere…
Ed arriviamo a marzo, primo mese dell’anno.
Mese in cui si iniziano i lavori di sterramento, di aratura, e, a seconda del tempo e del clima, iniziavano le semine che culminavano all’equinozio di primavera. Oggi è S.Bendetto, ma due giorni prima c’è s.Giuseppe…..
Io mi domando: se non ci fossero state le nostre antiche credenze, le nostre antiche usanze, le nostra antiche tradizioni, la nostra civiltà rurale (nostre, nel senso dei nostri avi), come si sarebbe regolata la cristianità?
Ed ora vediamo come ai tempi della Serenissima si osservavano le varie festività Ecclesiali di rito Cattolico Romano.
Innanzitutto bisogna tener conto che c’era un netta distinzione tra il potere laico e quello cristiano. Nel mentre in tutti gli altri Stati si osservavano i dettami del volere dei vari Papi, a Venezia venivano osservati solo se non in contrasto con le leggi della Serenissima.
La Chiesa aveva sì il diritto di far intervenire un proprio rappresentante, o Nunzio Apostolico, nelle varie riunioni delle Magistrature, ma solo come osservatore e senza diritto di intervenire se non appositamente richiesto. Inoltre in talune discussioni di ordine legale o di trattati internazionali il Nunzio veniva fato allontanare dalla riunione in corso. E ciò contrariamente a quanto succedeva in tutti gli altri Stati della Cristianità. E non possiamo dimenticare che, in talune discussioni che riguardassero i rapporti col Papato, sia in Maggior Consiglio che in Senato che in tutte le altre Magistrature venivano allontanati tutti i membri che avessero famigliari ecclesiastici. In Cancellier Grando, in quei casi, decretava la famosa frase: “Fora i papalini”. Allorché la Chiesa di Roma impose l’istituzione del “Tribunale della Santa Inquisizione” in tutti gli Stati cattolici, Venezia si oppose fermamente e quando ci fu costretta dalle reiterate richiesta della Curia impose che il Tribunale dell’Inquisizione fosse integrato con altri tre Magistrati laici affinché controllassero che le varie sentenze fossero rispettose delle Leggi veneziane! Infatti a Venezia NON ci furono i roghi degli sventurati o i roghi delle streghe, come in tutti gli altri stati di allora!
Inoltre, come ulteriore dimostrazione della netta separazione tra Stato e Chiesa, va ricordato che sia il Nunzio Apostolico che il Vescovo-Patriarca di Venezia avevano la loro sede ben distante dal Palazzo Ducale, sede del governo e delle istituzioni. Infatti il Nunzio aveva la residenza a S.Francesco della Vigna e il Patriarca nell’isola di s. Pietro di Olivolo, o Castello. E la chiesa di S.Marco, che era la cappella privata del Doge, era retta da un Primicerio con dignità Vescovile di nomina Ducale.
Vi è da tener conto che non tutte le feste di precetto della Chiesa di Roma venivano osservate coma tali, ma solo quelle più importanti e che avessero una certa risonanza commerciale per Venezia.
Le festività Ducali, cioè le festività importanti per la Repubblica, erano solo sette e le altre erano dette “feriali”, cioè non festive ma solo rappresentative e perciò lavorative.
Infatti va ricordato che le riunioni del Maggior Consiglio avvenivano di domenica mattina, all’ora terza – adesso alle nove – dopo che i Nobili avevano avuto il tempo di andare a messa. E ciò per poterli lasciar liberi durante la settimana alle loro incombenze mercantili o magistrali.
Le sette feste erano: la processione di domenica delle Palme; la processione del venerdì santo; la processione del Corpus Domini; la visita del Doge al convento di S.Zaccaria il giorno di Pasqua; la processione di S.Rocco, la visita del Doge al convento di S.Nicolò del Lido il giorno della Sensa e la visita alla chiesa di S.Giorgio Maggiore il giorno di S. Stefano.
Nemmeno il giorno di Natale era festa Ducale.
Varrà la pena di ricordare che in occasione del grande corteo navale dello sposalizio del mare, il giorno della Sensa, il Patriarca non era ospitato a bordo del Bucintoro assieme agli ambasciatori presenti – compreso il Nunzio – bensì lo seguiva in un apposito barcone e dopo il Doge dei Nicolotti!
Ma molte altre feste si tenevano in Venezia per diverse altre ricorrenze, ma non erano festività come le intendiamo adesso, cioè di assenza dal lavoro. Erano feste tradizionali per la tavola o per “i garangheli”, ma non certamente come le intendiamo oggi.
E Venezia fu anche molto tollerante con tutte le altre religioni e con gli altri Stati, e spesso in contrasto con la chiesa Romana. Infatti nonostante le varie imposizioni papali essa continuava a trafficare e commerciare con i Turchi e i Musulmani, accettava che essi avessero un “Fontego” con annessa Moschea così come accettava che gli Ebrei avessero un loro quartiere e le relative Sinagoghe, e ciò nonostante l’assoluto divieto dei Papi di accogliere questo popolo. In Venezia, inoltre, si stabilirono chiese Ortodosse, come la Greca, o Protestanti, come i Calvinisti, ecc. e tutte erano bene tollerate ed era loro fatto obbligo solamente di rispettare in modo assoluto le Leggi della Repubblica.
Non va dimenticato, infine, che Venezia ebbe a subire ben tre scomuniche e due interdetti da parte della Curia Romana solo perché – gelosa dei propri ordinamenti – non permetteva alcuna intromissione.
E’, decisamente, il caso di dire che se al giorno d’oggi governasse ancora la Serenissima con le sue Leggi ed i suoi ordinamenti, non ci sarebbero i conflitti religiosi o sociali che ci opprimono!
(in ricordo di Gigio Zanon)