LA BUBARATA
di Simonetta Dondi dall'Orologio
E’ curioso che molte culture hanno la tradizione del fuoco purificatore che scaccia al ”maligno”.
Nel caso del Veneto si utilizza molto nell’epoca natalizia quando si cercano i buoni auspici per un anno prospero pieno di alimenti.
“Pitosto che far morir na tradision, ze meio darghe fogo al paese” si diceva nelle zone di campagna.
Giusto la “dodicesima notte” (dal 25 dicembre fino a Epifania) si fa “chiamare” il pane ed il vino che si consideravano simbolo di prosperità e si deve urlare a gran voce per fare comparire i “Lari”, ovvero gli spiriti domestici chiamatia propiziare il nuovo anno, i pastori, interpretati da bambini (considerati da sempre con un rapporto speciale con l’Oltre-Mondo) che con i botti, campanacci e rumori di catene facevano allontanare agli spiriti maligni e dovevano girare tre volte attorno alle sterpaglie pronte per essere bruciate.
Al più grande del cerchio, spetta l’accensione del rogo, la “bubarata” (pare che il significato sia fiamma).
Prima si accende quella piccola posta davanti al “pan e vin”, rigorosamente con le ceneri del “zoch” (ceppo bello e grosso fatto bruciare lentamente dalla vigiglia di Natale a quella dell’Epifania), poi la paglia infuocata accende il falò più grande, precedentemente benedetto dal “piovan” (il prete del paese).
Infine, mentre le “faive” (favelle) salgono alcielo si cerca di trarre un pronostico sll’andamento del nuovo anno.
“se e faive va a sera de pàn e poènta xe piena a caliera”