La Cappella degli Scrovegni, il dono di un usuraio, che cercava il rispetto della comunità
Dante lo mise comunque nell’Inferno, mi pare. all’epoca la chiesa non era tenera con chi si arricchiva sulla pelle dei poveri, e per questo delle grandi figure di religiosi (quali Bernardino Tomitano, di Feltre) promossero l’istituzione dei Monti di Pietà.
La piccola chiesa di forme semplici e pulite esternamente presenta all’interno un unico ambiente, terminante sul fondo con un presbiterio in cui si trova il sarcofago di Enrico Scrovegni, opera di Andriolo de Santi e sull’altare una Madonna col bimbo, opera dello scultore trecentesco Giovanni Pisano.
La cappella è costituita da un unico vano di 20,5 x 8,5 m. e di 18,5 m. in altezza con copertura a botte. L’intera decorazione è considerata uno dei massimi capolavori dell’arte di tutti i tempi.
Dopo aver visto Giotto e la sua scuola all’opera nella Basilica di Sant’Antonio, lo Scrovegni gli commissionò la decorazione murale della cappella (1303 al 1305).
Per questa commissione signorile, il noto pittore aveva a disposizione le pareti di una chiesa di piccole proporzioni e asimmetrica, per via delle sei finestre che si aprono soltanto sulla parete destra. Per rendere possibile l’attuazione del vasto programma iconografico, il pittore ha preso come punto di riferimento lo spazio tra le due finestre, calcolando di inserirvi due storie, una sopra all’altra.
Giotto desidera condensare il Nuovo Testamento nelle trentanove scene dipinte: partendo dalle vicende dei genitori di Maria, Gioacchino e Anna, per proseguire con le Storie della Vergine e di Gesù, e chiudere in controfacciata con il Giudizio Universale narrato nell’Apocalisse. Inoltre vengono realizzate quattordici allegorie a monocromo dei Vizi e delle Virtù nell’alto zoccolo perimetrale.
Un modo nuovo di dipingere, ma anche il recupero di antiche tecniche romane e, soprattutto, l’uso di sapienti artifici che rendono più fluida la rappresentazione. Così Giotto rinnova e supera radicalmente la tradizione bizantina.
I recenti interventi operati sul ciclo giottesco a cura dell’Istituto Centrale per il Restauro hanno consentito non solo di circoscrivere al massimo il progresso di degrado degli affreschi, ma soprattutto di restituire all’insieme l’unità percettiva degli elementi portanti dell’invenzione del sommo Maestro.
L’intero programma sembra avere l’intenzione di offrire a chi entra nella cappella dei perfetti esempi di condotta, in modo da giungere al giorno del Giudizio senza il timore della dannazione, raffigurata come monito sulla parete di ingresso.
Circa due anni in tutto. Una rapidità straordinaria di esecuzione che si spiega solo se si ipotizza una grande maestria tecnica ed un sistema innovativo di organizzazione del cantiere. Si afferma agli Scrovegni il modello sperimentato ad Assisi.
A partire da una quindicina di anni fa la Cappella degli Scrovegni e i famosi affreschi di Giotto sono stati sottoposti a più campagne di minuziosi controlli volti ad appurare quali interventi debbano essere posti in atto per garantire la sua conservazione. A seguito dei monitoraggi condotti dal Comune di Padova, in collaborazione con le competenti Soprintendenze, l’Istituto Centrale del Restauro, l’Università e altri esperti qualificati, si è potuto appurare che la maggior parte dei gas e dei particellati pregiudizievoli al buon mantenimento degli intonaci e della superficie affrescata vengono dall’attuale porta d’ingresso. Altri danni vengono dall’umidità di condensa provocata dalla traspirazione delle centinaia di migliaia di visitatori che annualmente affollano l’ambiente. Seguendo le indicazioni della Commissione per la salvaguardia della Cappella sono stati decisi gli interventi appropriati ed è stato progettato un nuovo corpo di accesso, Corpo Tecnologico Attrezzato, che, insieme all’impianto di trattamento dell’aria, permette di gestire il forte flusso dei visitatori in modo da non pregiudicare la buona conservazione degli affreschi.
Il restauro è stato ultimato nel marzo 2001.