LA CAVALCATA DI ALVISE ZORZI TRA VIGNETI INTRISI DI STORIA
“IL CAVALLINO che scapicolla allegramente sul cimiero che sovrasta lo stemma di Udine, che è poi lo stemma di casa Savorgnan, è ubriaco. Quando l’armata imperiale agli ordini di Stefano Frangipane, conte di Veglia, un sinistro messere che accecava i poveri villani e faceva spezzar le loro braccia, stringeva d’assedio la rocca di Osoppo, difesa con indomito coraggio da Girolamo Savorgnan, ai difensori mancava l’acqua, lui fece abbeverare i cavalli col vino che in ogni dimora friulana, sia rocca o bicocca, c’è sempre abbondanza.
Il vino ha il dono dell’ubiquità, compagno di strada e protagonista, dall’Olio all’Isonzo, dai colli della marca trevigiana, a quelli di Soave o dell’Alpone; e della Valpolicella, dove le vigne si assiepano nei terreni che furono di Pietro Alighieri, il figlio veronese di Dante.
Vini dei Colli Euganei da assaporare al fresco nelle taverne arrampicati su quei monti dalle fogge strane che partono bruscamente da quota zero o quasi per salire sopra i mille; i vini dei Berici, con le diverse sfumature del Tocai rosso e i bianchi di Custoza che crescono sui campi di battaglia di due guerre per l’indipendenza italiana, quelli rosa pallido dei campi del veronese e quelli un po’ carichi della riviera di Salò; i vini di Franciacorta, consacrati dai successi mondani; e, dall’altra parte, il Raboso del Piave e i robusti vini di pianura di Pramaggiore.
Ma l’estro enologico del Friuli ha radici nobili e profonde: nello storico Picolit del territorio cividalese dal sapore estenuato nella raffinatezzadella ‘poirrure noble’ delle uve … (tra Ipplis e Spessa, alla Rocca Bernarda, mescolanza tutta friulana di villa e castello viveva nel Cinquecento un conte Jacopo di Valvason Maniago il quale mesceva il Picolit delle sue vigne ai poeti per sentirselo proclamare “della mensa licor degno dei Numi”), nel vigoroso Refosco delle grave, nelle ribolle gialle del Rosazzo, nei vini del Collio sull’orlo dello stravagante confine sloveno: sul quale porta la corona il Tocai, che a torto si crede importato dall’Ungheria, mentre la razza più fine e delicata del Tokaj ungherese si chiama “Furmint” proprio in onore di un friulano al servizio imperiale, un conte Formentini da Cusano che avrebbe introdotto in terra ungherese quel vitigno friulano come lui…”
Poesia pura, cari amici veneti e “furlani” che vi ho trascritto con emozione 🙂 .