La Diplomazia di Venezia
di Simonetta Dondi dell’Orologio
Già nel XI secolo, con alcuni secoli d’anticipo rispetto agli altri Stati Europei, la Repubblica di Venezia crea delle sedi diplomatiche permanenti su suolo straniero.
E’ un modo rivoluzionario di stringere rapporti con gli stranieri e non solo dal punto di vista commerciale.
Il Bailo univa in se la carica di amministratore della territorio e di rappresentante di Venezia presso lo stato ospitante. In questo senso si può parlare di Ambasciatori “ante literam” anche se questa funzione non era sempre riconosciuta ufficialmente, si può dire che Venezia creò la diplomazia nel senso moderno del termine, cioè con funzionari residenti.
Per tutta la sua lunga storia la Serenissima cercherà sempre di evitare le armi, se non come ultima scelta possibile, puntando piuttosto sulla soluzione pacifica; e ben presto l’arte diplomatica veneziana diventa celebre e riconosciuta internazionalmente.
Basti ricordare quel capolavoro di mediazione che fu la “Pace di Venezia” nel 1177, quando Papa Alessandro III e Federico Barbarossa trovarono soluzione ai loro conflitti in Basilica di San Marco.
Ci piace ricordare anche un aneddoto significativo avvenuto a Roma nella seconda metà del Quattrocento: Papa Giulio II, nel corso di un’udienza in San Pietro, chiese in tono canzonatorio all’ambasciatore veneziano quale diritto la Repubblica Serenissima potesse vantare sul Mare Adriatico.
La risposta del diplomatico fu fulminante: “Vostra Santità lo troverà scritto sul rovescio della carta di donazione che Costantino vi ha fatto della città di Roma”.
Proprio in quel periodo il pontefice aveva infatti chiesto a Raffaello di rappresentare in Vaticano la storia della donazione della città fatta dall’imperatore alla Chiesa, tradizione non testimoniata da alcun documento!