L’isola molto lunga, situata di fronte alle Zattere. Siamo abituati a vederla come sfondo, dalle Colonne di piazza San Marco, oltre Punta della Dogana, a fianco di San Giorgio se nessuna nave da crociera ce la nasconde.
Si chiamava anticamente Vigano o Spinalonga.
Era, ed è ancora, considerata dai veneziani come un villaggio in cui trovavano sede le loro ville, i loro giardini e i loro orti. Il popolo vi si recava nei giorni di festa, specialmente il lunedì successivo alla festa del Redentore, per raccogliere le numerose more di gelso che l’isola offriva.
Il nome “Giudeca” proviene forse dai molti ebrei che qui si concentravano prima di essere trasferiti nel Ghetto, o forse dal “giudicato” sentenza con la quale, nel IX secolo, furono concessi alcuni terreni dell’isola a famiglie di rivoltosi bandite da Venezia.
Se nei palazzi lungo il canale della Giudecca si ricordano grandi festeggiamenti per il passaggio di ospiti illustri, dalla parte opposta la quiete lagunare e il verde dei giardini invitavano al raccoglimento. Sorsero così sette conventi e varie accademie filosofiche e letterarie. Esule da Firenze, anche Michelangelo Buonarroti vi cercò la pace e il “vivere solitario”.
La chiesa più importante, e la più conosciuta dell’isola è, come tutti sappiamo, quella del
Redentore ma vi si trovano anche le chiese di Santa Maria della Presentazione, con l’annesso convento, detti “
edifici delle Zitelle“; sorsero alla fine del ‘500 su
disegno del Palladio e , nei pressi del Rio della Croce, uno dei più pittoreschi dell’isola, la chiesa omonima ed un convento, entrambi del 1300, furono sede delle suore Benedettine. Dopo la soppressione dell’ordine agli inizi dell’800 il monastero accolse il carcere giudiziario e la chiesa venne sconsacrata .
La chiesa di San Giovanni Battista ed il convento gestito dai Camaldolesi, del principio del ‘300, un tempo protetti da torri e da mura merlate, furono demolite nel 1800. Anche la chiesa di Santa Maria Novella, eretta nel 1340 da Marsilio da Carrara, grato alla Repubblica per la riconquista di Padova non esiste più, vittima anch’essa della furia devastatrice napoleonica.
Resistono ancora le chiese di San Cosmo, fatta erigere nel 1492 dalla monaca benedettina Maria Celsi ma chiusa anch’essa nell”800, di cui rimangono solo la facciata, il campanile quadrato e il convento con un bel chiostro cinquecentesco. Nei pressi di questa si trovano la Chiesa e il convento di Santa Maria Maddalena della metà del ‘500 e
la chiesa di Sant’Eufemia, una delle chiese di più antica fondazione che sorse sotto il dogado di Orso Partecipazio, agli inizi del X secolo, questa venne restaurata all’inizio del ‘500 ma il restauro del 1700 ne trasformò completamente l’interno.
Tra i palazzi meritano una citazione quello dell’Accademia dei Nobili, costruzione del XVI secolo. L’Accademia, fondata nel 1619, accoglieva giovani nobili sprovvisti di mezzi e li seguiva fino a vent’anni offrendo loro un’istruzione soprattutto nel settore della nautica. Fu soppressa al cadere della Repubblica.
Lungo il Canale della Giudecca si trovano i palazzi
Emo, del ‘700,
Maffei, gotico del 1400 e il palazzo
Vendramin, sansovinesco, in cui ebbero luogo feste sontuose. Ultimo,
il vecchio Molino Stucky, costruzione della fine dell’800, ora trasformato in hotel, sorge in un’area occupata un tempo dalla chiesa di San Biagio e il
convento delle Benedettine, fondati nel 1222 dalla beata Giuliana da Collalto dove ancora prima esisteva un ospizio per i pellegrini diretti alla Terra santa. Nel 1519 il patriarca Antonio Contarini riformò il convento e ne affidò il restauro al Sammicheli. Nel 1
810 chiesa e convento furono chiusi e più tardi distrutti.
Lungo la Laguna si estende il , creato da mr. Eden , ricco gentleman inglese e visitato per anni da numerose personalità. Dal 1930 al 1970 il giardino fu proprietà della principessa Aspasia, vedova del re Alessandro di Grecia.
Un lungo ponte unisce la Giudecca all’isola di Sacca Fisola. Si tratta di un quartiere popolare di nuova costruzione creato su di un’isola formata dal deposito di materiale in una “sacca”. Il suo nome deriva da Giovanni Busetto, detto “Fisola” da Pellestrina, il quale si occupó dell’imbonimento della sacca. (Fu anche il primo ad aprire uno stabilimento balneare al Lido).