LA GUERRA DEI PUGNI
di Andrew Calzavara
Tra pubblici e privati, a Venezia, ci sono oltre 400 ponti che collegano 118 isolette ed attraversano 150 canali. Come ben si sa ponti, canali, rii e calli hanno tutti dei nomi caratteristici. Tra tutti i ponti, ne è presente uno che ha visto, nella sua lunga storia, degli avvenimenti inverosimili. Il Ponte dei Pugni; situato nel sestiere di Dorsoduro, nei pressi di Campo San Barnaba; deve il suo nome ad un’antica tradizione abbandonata negli ultimi secoli. Esso infatti fu un piccolissimo campo di battaglia sospeso sopra il canale nel quale avveniva una vera e propria “Guerra dei Pugni”.
La “Guerra dei Pugni” non era altro che una zuffa, rigorosamente senza armi, tra le fazioni dei Nicolotti (abitanti della zona di San Nicolò dei Mendicoli, inclusiva di Santa Croce, San Polo e parte di Dorsoduro e Cannaregio) e i Castellani (Zona San Marco, restante parte di Dorsoduro e Cannaregio, Lido e, naturalmente, Castello) ed aveva delle regole e modalità ben precise. Le origini delle battaglie tra queste due fazioni sono discordanti, alcuni pensano risalgano addirittura alle guerre civili tra Eraclea (all’epoca Heraclia) e Jesolo (all’epoca Equilio), altri invece dall’uccisione di un vescovo di Castello da parte di un abitante della zona di San Nicolò.
Succedeva spesso che le fazioni rivali dei Castellani e dei Nicolotti si scontrassero per gelosie, invidie e rivalità e che le loro lotte avvenissero proprio sopra questo ponte che, a quel tempo (come la maggior parte dei ponti veneziani), non aveva il parapetto di protezione come ora. La lotta fu regolamentata dal governo Veneziano intorno al 1292 ed erano ammesse da Settembre a Natale; fu proibita nel 1705. (Come si può ben calcolare, queste lotte sul ponte dei Pugni durarono la bellezza di 413 anni.) I Castellani durante la “guerra dei pugni” si distinguevano per l’uso di un berretto e di una sciarpa di colore rosso, viceversa i Nicolotti; si distinguevano per il berretto e sciarpa di colore nero.
Tornando al ponte, la parte centrale dello stesso, presenta, ai quattro lati, un’orma di piede evidenziata in marmo bianco: queste impronte segnavano, da una parte, la postazione dove avvenivano le sfide individuali tra i campioni delle due squadre, veri e propri duelli cavallereschi mentre, agli angoli opposti, vi erano le postazioni dei giudici i quali avevano il compito di controllare la regolarità degli scontri. Le lotte erano di tre tipi:
- Pugilato: si concludeva al primo spargimento di sangue (chiamato romper el mustachio) mentre se il perdente cadeva in acqua la vittoria era considerata doppia;
- Frota: era invece una lotta tra più persone di una fazione e l’altra che si scontravano scatenando una rissa furiosa senza esclusione di colpi;
- guerra ordinata: era la conquista del ponte da uno dei due gruppi di persone che dovevano spingere gli avversari sulla loro sponda e gettarne in acqua il più possibile;
La preparazione dello scontro era accurata: prima avveniva una pubblica sfida, come nei tornei cavallereschi, il ponte se necessario, veniva rinforzato, ed il canale veniva scavato e ripulito in modo che i combattenti, precipitando in acqua non si ferissero ulteriormente. Il giorno della battaglia quindi, le due squadre arrivavano a suon di musica e si schieravano da una parte e dall’altra del ponte, sulla fondamenta. Il canale, a parte lo spazio subito presso questo ponte, era invisibile per la ressa delle barche degli spettatori, altri stavano alle finestre, altri ancora coprivano i tetti delle case. Le due squadre in verità potevano essere anche dei piccoli eserciti di 300 uomini per parte. Prima della rissa si iniziava con le sfide di pugilato tra i campioni delle due squadre, gli sfidanti si piazzavano sulle impronte di pietra, come pugili agli angoli del ring. Gli animi si scaldavano sempre di più e presto i due gruppi si scagliavano uno contro l’altro in massa. In palio c’era il possesso del ponte su cui impiantare le proprie insegne. L’incontro spesso si estendeva a colossali risse di popolo con molti feriti e non infrequentemente morti. Al sopraggiungere della notte intervenivano le guardie della Serenissima per far cessare la disputa.
Raccolti i feriti ed onorati morti, che spesso non mancavano, tutti tornavano amici, con patetiche scene di pentimento, grandi abbracci e bicchierate per vincitore e vinti, per poi ricominciare alla prima occasione. Quel che è certo, è che alla Repubblica questi dissapori andavano bene, in questo modo, se una delle due fazioni si fosse ribellata al governo, l’altra avrebbe fatto l’esatto contrario, per cui, almeno agli albori, non faceva sicuramente nulla per evitare le zuffe, anzi. La “Guerra dei Pugni” ebbe fine dal 30 settembre del 1705, pare infatti che ci fu una assai sanguinosa lotta che partì con i pugni sino ad arrivare a coltelli e sassi e che i contendenti vennero separati grazie ad prete di San Barnaba che uscì dalla chiesa con un crocifisso in mano; dopo quel avvenimento intervenne drasticamente anche il governo, proibendo qualsiasi assembramento presso i ponti, pena cinque o più anni di remo in galera (la nave a remi) “coi ferri ai piedi” o sette di “prigione oscura”, dando fine così all’epopea della “Guerra dei Pugni” Il ponte odierno è stato completamente ricostruito negli anni Settanta dell’Ottocento, con l’aggiunta delle ringhiere in ferro. Esiste, anche se meno celebre, un altro Ponte dei Pugni presso il campo di Santa Fosca nel sestiere di Canaregio, anch’esso con le impronte dei piedi in pietra d’Istria. Inoltre, diversi altri ponti erano stati usati come campo di battaglia nelle guerre dei pugni.
Dagli anni successivi al 1705, le due fazioni rivali si dovettero limitare a gareggiare in attività meno cruenti, quali le forze d’Ercoree le regate. Attualmente, durante il giorno, è presente un barcone di frutta e verdura proprio ai piedi del ponte, andando verso campo San Barnaba.