La misteriosa morte di Lucrezia Dondi dall’Orologio
di Simonetta Dondi dall’Orologio
L’OSCURO OMICIDIO DI UNA NOBILE PADOVANA CON L’EPILOGO TERRIBILE 17 ANNI DOPO
Sono trascorsi quattro secoli ed ancora oggi non si sa bene quello che ha portato alla prematura scomparsa di Lucrezia Dondi dall’Orologio.
Questa giovane nobildonna padovana, orfana di padre, desiderava dedicarsi alla vita contemplativa, ma la famiglia organizzò il matrimonio con Pio Enea degli Obizzi, nobile ricco ed influente mercenario della Serenissima.
Vivevano nel Palazzo degli Obizzi a Padova ed ebbero 4 figli: Ippolita, Matilde, Roberto e Ferdinando.
Roberto era amico di Attilio Pavanello il quale si fece intimo della famiglia e, sembrerebbe che poco a poco si fosse innamorato segretamente di Lucrezia anche se lei aveva 17 anni in più. Attilio conosceva perfettamente tutti gli spostamenti e le attività dei suoi amici, così un giorno che tutti erano fuori e Lucrezia si trovava sola nel palazzo con il figlio minore entrò in piena notte nella stanza di Lucrezia intentando abusare di lei: la povera si difese.
Lui preso dal panico le recise la gola con un rasoio e la lasciò morente in un lago di sangue. Attirati dalle urla strazianti la servitù irruppe nella stanza. Ferdinando la notte dell’omicidio dormiva assieme alla madre, l’assassino lo prese in braccio mentre dormiva e lo chiuse nella stanza vicina. Fu nella notte tra il 15 e 16 novembre 1654.
Grande tristezza e sconcerto in città per questo orribile delitto, tanto più che Lucrezia era considerata una dama caritatevole e buona con tutti. Ai funerali parteciparono nobili e la gente comune di Padova con una grande commozione, a grande voce si chiedeva giustizia.
Lucrezia fu seppellita nella Basilica del Santo, nell’antica cappella della Madonna, e un suo busto commemorativo fu esposto nel Salone (Palazzo della Ragione).
Immediatamente si arrestarono alcune persone che avevano avuto duri contrasti con Pio Enea, ma non si giunse a nulla. La famiglia, vedendo arenarsi le indagini, cominciarono a investigare per proprio conto.
I sospetti caddero nella persona che frequentava da tempo la loro casa: Attilio Pavanello. Vicino al cadavere fu trovato un pezzetto di legno che poteva far parte del manico del rasoio.
Inoltre il giovane aveva un profondo taglio sulla mano destra del quale non seppe dare ragione. Voci e testimonianze iniziarono a giungere alle orecchie di Pio Enea, sul fatto che Attilio si fosse invaghito di Lucrezia, a tal punto di tentare violenza.
Alla fine, egli si convinse che proprio Attilio era l’assassino della moglie. Così prese la decisione di denunciarlo all’Auditore di Ferrara. Il ragazzo fu arrestato e interrogato, ma non confessò mai il delitto.
Era un nobile, non di altissimo rango, ma aveva buone amicizie sia a Padova che a Ferrara ed anche a Venezia. Alla fine, dopo cinque mesi di reclusione, fu rimesso in libertà.
Pio Enea, come il resto della famiglia, visse questa liberazione come un’offesa personale all’onore, sospettò che dietro alla mano assassina del giovane ci fosse addirittura quella dei veneziani.
Appena libero Attilio espatriò, temendo la vendetta dei degli Obizzi. Per tredici anni non mise piede nel territorio della Repubblica, fino al 1667.
La mattina del 12 febbraio 1667, a Padova, Attilio Pavanello fu affrontato sulla strada che conduceva a Pontecorvo, da Fernando, il minore di Lucrezia, quello che dormiva con lei la notte dell’omicidio.
Con l’aiuto dei suoi uomini armati, egli trucidò colui che credeva l’assassino della madre a colpi d’archibugio e di coltello e, infine, lo decapitò con la spada. Dopo l’omicidio, fuggì a Ferrara.
Il padre, invece, fu arrestato perché ritenuto complice del figlio, ma dopo pochi giorni di prigione venne rilasciato e tutta la vicenda fu presto insabbiata. Attilio fu frettolosamente sepolto in una tomba di famiglia nel chiostro della Basilica del Santo e per secoli, fino all’Ottocento, una spessa coltre di silenzio cadde sul suo nome e sull’intera tragica vicenda.
Ci domandiamo ancora, fu davvero Attilio Pavanello l’assassino di Lucrezia?
Poteva essere certo il sospetto di Pio Enea e famiglia, che fossero stati i veneziani ad armarne la mano? Cosa nascondeva l’atroce delitto di Lucrezia Dondi dall’Orologio degli Obizzi?
Ancora adesso non sappiamo quale fu la verità !
A lei viene anche attribuita la leggenda del fantasma del Castello del Catajo, dove è ancora oggi conservata la “pietra insanguinata” e dove la leggenda vuole si aggiri ancora oggi il suo fantasma.
Nel mese di novembre 2012 il Castello del Catajo ha dedicato alla sua figura e alla sua storia un intero ciclo di eventi.
Credo aver già informato la Dondi che i figli di Lucrezia furono quattro, dimentica Matilde, monaca a Ferrara. Inoltre che il Pavanello non abbia mai confessato non è una “prova” per scagionarlo, tutto è contro di lui…probabilmente sperava nelle protezioni dello zio monsignore a Padova e di alcune nobili famiglie veneziane tra cui i Malipiero…saluti
Grazie mille Gianluigi, certamente. Saluti.