LA RIVOLTA DELLA ROMAGNA CON STRAGI E MASSACRI DA PARTE DEI FRANCESI che si comportarono come i nazisti.
La fine del 1796 vede insorgere anche Cesena: a capo della rivolta vi è Francesco Ceccaroli, di origini aristocratiche; una circostanza, questa, piuttosto rara, poiché una parte della nobiltà, per questioni di opportunismo, tenne un comportamento ambiguo e, in diversi casi, apertamente filo-giacobino. Da Cesena la rivolta si diffuse in tutti i villaggi circostanti: Capocolle, Ranchio, Rontagnano, Berinoro, Meldola, Ciala, Mercato Saraceno, Tessello, Linoro, Polenta, Sarsina, Teodorano, Falcino, Forlimpopoli, Castelbolognese.
Tra tutte queste prime insurrezioni, una in particolare merita un approfondimento: quella di Lugo di Romagna che, nei suoi otto giorni di guerriglia cittadina, rappresenta una tra le rivolte più tragiche della nostra storia. Lugo era una cittadina di 8.000 abitanti, tra le più fedeli al Legato pontificio; anzi, proprio per questo motivo ottenne agevolazioni fiscali che permisero un notevole sviluppo del commercio.
Il giansenismo ed il giacobinismo non avevano per nulla attecchito su questa popolazione che da secoli godeva del buon governo del Papa-Re. Il 30 giugno 1796 arrivano a Lugo due commissari francesi per prelevare beni preziosi per un valore particolarmente elevato, pari a 4 milioni come contributo di guerra. Tra i beni prelevati ci fu il busto di Sant’Ilaro, patrono di Lugo e questa fu la classica goccia che fece traboccare il vaso. Francesco Mongardini, ex miliziano pontificio, di professione fabbro e soprannominato il “Morone”, con 20 uomini assalta il Collegio Trisi in cui erano depositati i beni sequestrati e riprendendo la statua di Sant’Ilaro la riporta in processione con enorme affluenza di popolani alla chiesa del Carmine; nel frattempo altri insorti si impadroniscono delle armi all’interno della Rocca. Dopo vari tentativi diplomatici il gen Augerau invia 60 uomini per ristabilire la calma, ma sono circa 200 i lughesi pronti ad affrontarli e per le truppe francesi non c’é nulla da fare. Il Cardinale Chiaramonti (futuro Pio VII) cerca una soluzione pacifica e la ottiene: amnistia per ribelli ma occupazione militare di Lugo. La stessa sera in cui si domanda al popolo l’accettazione dell’accordo, i francesi non rispettano i patti e invadono Lugo prima dei termini. Il popolo grida al tradimento e questa volta sono mille gli insorti che si oppongono all’armata francese, che conterà al termine della battaglia 200 morti contro i 30 degli insorti lughesi. A questo punto il gen. Augerau vista la tenace resistenza della cittadina invia un battaglione di fanteria, 200 cacciatori a cavallo e due mortai. Questa volta per gli insorti che combattevano al grido di “Viva Sant’Ilaro, viva il Papa-Re” non ci fu nulla da fare: la città viene messa a ferro e fuoco e l’intera popolazione sottoposta a violenze di ogni genere. Millesettecentonovantasette Il 1797 si apre con l’Insorgenza di Urbino il 24 febbraio dove viene abbattuto l’albero della libertà al grido di “Viva Maria! Viva San Crescentino!”; in poche settimane vennero stampate 50.000 immagini di San Crescentino, che gli insorti portavano sui cappelli per contrapporle alla coccarda tricolorata dei francesi.