LA “STRANEZZA” DEL DIRITTO VENETO AL POSTO DEL DIRITTO ROMANO
Parve strano a tutti gli esperti del diritto antico che Venezia, unica perlomeno in Italia, non accettasse il sistema giuridico imperiale o giustinianeo, ma si affidasse alle sue tradizioni e consuetudini non basandosi mai sulla norma astratta.
Era un sistema che oggi troviamo alla base del diritto anglosassone, qundi avanzatissimo e l’adozione in tempi moderni del diritto di deriva francese la cui essenza si trova riassunta nel detto ” Lex dura lex sed lex” non ha fatto certo progresire né i Veneti né gli italiani. Risultato: un coacervo di leggi e leggine, burocrazia che prospera come parassita, trionfo nel Bel Paese, di ogni forma di ingiustizia, in ossequio alle norme e regolamenti. Per farvela più chiara, un giudice veneziano poteva anche rifiutarsi di applicare la norma scritta, se questo avrebbo portato a una ingiustizia palese, un giudice italiano oggi non può farlo. E nemmeno un burocrate.
Edoardo Rubini, studioso del diritto veneto ha indagato i motivi sulla scelta veneziana.
“Gli storici hanno spesso spiegato l’autosufficienza del diritto veneto con motivazioni politiche, due ordini di motivi hanno ricevuto largo accoglimento:
1) “Venezia si discostava dal costume degli altri popoli d’Italia i quali consideravano le romane le vere leggi generali.. e gli statuti municipali come semplici modificazioni eccezionali e locali; mentre in Venezia si reputava la romana giurisprudenza straniera indizio di sudditanza all’impero”.
2) La ragione di tale singolarità veneziana non è stata chiarita. La più forte dovette consistere nella resistenza opposta dai commercianti veneziani, desiderosi di vedere sollecitamente sbrigate le loro controversie, in contrapposizione alla macchinosa procedura degli “ordines giudiciorum”.
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Straordinario appunto, di una modernità incredibile… Come in Inghilterra, del resto, paese di mercanti, in cui si evitò accuratamente ogni pastoia legislativa connessa al diritto romano, che avrebbe creato una casse di “esperti” legulei, avvocati, giudici, burocrati che si sarebbero eretti ad unici rappresentanti autorizzati dell’interpretazione della norma, a discapito della classe mercantile e anche del popolo minuto, il quale non avrebbe mai avuto i mezzi per contrastare i nobili locali che, nell’entroterra e ovunque in Italia, avevano mezzi e avvocati per sfruttare a loro favore la complessità macchinosa del diritto romano. Ecco quanto successe a Zara, ad esempio:
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Gli ambasciatori di varie località istro-dalmate chiedono di spostare tutti gli appelli a Venezia, i popolani si vedono accogliere la richiesta di togliere ai nobili l’esclusività della professione forense: l’arbitrato, tanto caro al diritto veneto,viene invocato a gran voce, chiedendo l’estensione alla Dalmazia di una norma di diritto veneto del 1433 che obbligava a risolvere le liti tra parenti con un compromesso, anziché con giudizio. (Quindi via giudici e avvocati avvoltoi…)
Virgolettato preso da “Giustizia veneta” di Edoardo Rubini, prima ed Filippi Venezia
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Vorremmo anche evidenziare che la Serenissima, nella Sua infinita Saggezza, allorquando una cittadina di donava alla Repubblica Marciana, le norme giuridiche di quella Città, rimanevano intonse (grande principio di autonomia locale), a meno che non fosse esplicitamente richiesta la Legislazione Consuetudinaria veneziana.
Grazie per l’interessante contributo.