L’ALTINO VENETA, ANTENATA DELLA VENEZIA REGINA DEL MARE.
di Milo Boz
Di Altino romana (o meglio, romano venetica) oggi rimane ben poco, quasi nulla. Una rigogliosa distesa di campi custodisce (e direi, per fortuna) una città enorme la cui estensione si può rilevare oggi con i moderni strumenti di mappatura aerea. La città, come Aquileja e Concordia, fece da cava e si riciclò in un certo qual modo, fornendo la materia prima (ma non mi riferisco solo alle pietre) per edificare Venezia. Pochi però pensano ad una Altino precedente, quella propriamente venetica, che fu, nell’ottica dei nostri antichi Padri, altrettanto importante. Studi moderni ne hanno rilevato molte caratteristiche, e parlano di un importantissimo emporio commerciale, sbocco di traffici da e per la Grecia, collegata anche a tutti i paesi del Mediterraneo. Una Venezia ancora più antica, insomma, in cui il culto del cavallo era talmente sentito, da spingere i Veneti a riservare ai nobili animali un’area sacra ove seppellirli. In quel luogo al termine della loro vita di corridori e/o combattenti (i puledri Heneti, dagli zoccoli scalpitanti di sogni alati, li cantava Alcmane) essi venivano seppelliti, con la stessa dignità e onori riservati ai loro padroni. Ecco una breve descrizione di Altino venetica fatta dalla studiosa Simonetta Bonomi:
“L’affermazione del porto di Altino come importante scalo dell’Alto Adriatico, aperto a traffici internazionali, è il fatto saliente del V secolo a. C. Le straordinarie dinamiche commerciali e culturali di allora portarono a convogliare qui molteplici interessi e molteplici risorse, in un modo mai registrato prima. Il primo indizio di questa nuova apertura lo offre il rinvenimento nelle necropoli di ceramiche attiche. Ma il fenomeno ha rivelato dimensioni inaspettate con la scoperta del santuario della Fornace a Sud della Città. Dedicato a una divinità maschile, che in età romana sarà identificato come Giove, il santuario sorgeva all’esterno del centro urbano verso la laguna lungo un ramo fluviale. La sua posizione e soprattutto le tipologie dei numerosi oggetti votivi hanno portato a definirlo “emporico”, cioè legato al porto. Accanto a oggetti votivi tipici del culto veneto, alcuni oggetti di inequivocabile matrice etrusca hanno rilevato che i frequentatori del santuario non erano solo gente del luogo, ma pure veneti originari di altri centri, e soprattutto comprendevano altri personaggi dell’etruria padana. avventurosi mercanti e marinai si erano spinti fin qui, attratti dalle interessanti possibilità di commercio…”. Sembra quasi di leggere in falsariga il destino di Venezia, che nell’evo antico sorgerà dalle ceneri, novella Fenice, delle città venete e romane dell’interno o dell’immediato retroterra, ereditandone in maniera cosciente il nome veneto e la memoria, fondata dagli ultimi aristocratici romano veneti che, alla guida delle loro “gentes” vi trovarono rifugio sicuro. E così la storia dei veneti, anche grazie a Roma, riprese a scorrere in un nuovo alveo, alimentato da sorgenti antichissime.
Millo Bozzolan
citazione riassunta da “I Veneti dai bei cavalli” a cura della Sovrintendenza per i Beni Archeologici del Veneto.