L’Arsenale di Venezia.
di Luigina Pizzolato
”La base e il fondamento di questa Repubblica, anzi lo honor di tutta Italia è la casa dell’Aresenale che si interpreta Ars Senatus, cioè fortezza, bastione, antemurale e sostegno del Senato.”
Così Sansovino citava l’Arsenale di Venezia nella sua opera del 1581 Venetia città nobilissima. Ma una descrizione più potente ed efficace è quella che ritroviamo nell’Inferno dantesco, che una lapide riporta tuttora:
«Quale nell’arzanà de’ Viniziani
bolle l’inverno la tenace pece
a rimpalmare i legni lor non sani,
ché navicar non ponno – in quella vece
chi fa suo legno nuovo e chi ristoppa
le coste a quel che più vïaggi fece;
chi ribatte da proda e chi da poppa;
altri fa remi e altri volge sarte;
chi terzeruolo e artimon rintoppa -;
tal, non per foco ma per divin’ arte,
bollia là giuso una pegola spessa,
che ‘nviscava la ripa d’ogne parte. »
Dante Alighieri, in veste di ambasciatore di Guido Novello da Polenta signore di Ravenna, soggiornò a Venezia all’inizio del 1321. Rimase affascinato dalla bellezza di Venezia, ma quello che trovò più stupefacente fu l’ Arsenale, all’epoca in piena attività.
L’Arsenale di Venezia nel momento di maggior potere della Serenissima poteva contare quasi 20.000 lavoratori, tutti specializzati nelle varie mansioni, chiamati arsenalotti. Varie cronache dell’epoca riferiscono che l’Arsenale fosse in grado di costruire una galea (una grossa nave da combattimento) nell’arco di una sola giornata.
A Dante fu permesso di visitare l’Arsenale, un privilegio concesso a pochi visto che il sito rivestiva grande importanza militare, ma l’Alighieri era già una personalità in vista. Il Sommo Poeta volle dimostrare la gratitudine per il riguardo riconosciutogli da Venezia con alcuni versi del Canto all’interno XXI della Divina Commedia.Le terzine rimangono tuttora scolpite su una lapide.
Tuttavia quel che Dante ebbe modo di visitare non era che una parte di quel che sarebbe diventato l’Arsenale nei secoli successivi, una vera e propria città nella città, dove anche i toponimi, ancora esistenti, indicavano le molteplici attività che si svolgevano.
L’attività è documentata fin dal 1104, quando, dopo la prima Crociata, si sentì il bisogno di dare incremento alla costruzione e riparazione delle navi, fondamentale per una città nata sull’acqua.L’espansione musulmana nel Mediterraneo e la pirateria resero urgente la necessità di adeguare la flotta al fine di proteggere le rotte e i commerci.
L’ubicazione ai margini della città verso il Lido e il mare aperto aveva motivazioni sia strategiche che logistiche. Era infatti il punto d’arrivo dei legnami e nel contempo una posizione favorevole alla difesa, in caso di eventuali attacchi nemici. Nel corso degli anni l’Arsenale, dove fervevano attività tanto delicate e importanti per la Repubblica, venne dotato di sempre maggiori forme di protezione e segretezza.
Persino le case che sorgevano intorno dovevano avere un’altezza inferiore alle poderose mura che limitavano i bacini, le darsene, le officine, i magazzini, le corderie e tutta una serie di depositi dei più svariati materiali. Anche nelle calli attorno tutte le attività erano dedicate all’allestimento e al completo rifornimento di imbarcazioni ed equipaggi.
Verso il 1566, periodo di intensissima attività, nel complesso l’Arsenale era composto da ben 67 squeri coperti con una capacità di rimessaggio di 134 galee. Pochi anni dopo si contano anche cinque squeri acquatici. A coloro che erano impiegati all’interno, tecnici e manodopera, era vietato emigrare e dovevano risiedere nelle case che la Repubblica assegnava loro attorno all’Arsenale.
Questi lavoratori specializzati e particolarmente fidati erano chiamati arsenalotti, non solo preziosa manodopera, ma incaricati anche dell’ ordine pubblico durante manifestazioni e cerimonie, in caso di disordini. A loro era riservato l’onore di trasportare il Doge appena eletto nel giro della Piazza nel ”pozzetto”, come pure portarne la salma, una volta defunto.
Erano anche addetti allo spegnimento di incendi, molto frequenti, e al soccorso in caso di calamità, una specie di ”protezione civile”. In particolare si ricorda l’esplosione dei depositi della polvere da sparo che nel 1569 distrusse buona parte dell’Arsenale. Malgrado ciò le attività non si fermarono, si costruirono nuove strutture e già nel 1571 fu possibile disporre di una notevole flotta di navi da guerra. Le celebri galeazze che sconfissero la flotta turca a Lepanto.
Una particolare magistratura era responsabile delle costruzioni navali pubbliche, costituita da tre Patroni e da un Ammiraglio: il Collegio dell’Arsenale.L’Arsenale era organizzato in modo tale che, finita la costruzione, le galee venivano rimorchiate in punti di carico prestabiliti. Qui venivano fornite di tutti i materiali nautici, bellici e logistici necessari per la partenza.
Dalle torri della porta d’acqua venivano imbarcati alberi e cannoni, lungo il rio ricevevano i remi e, alla fine del percorso, nei pressi della chiesa di San Biagio, venivano caricati i viveri, come farina e gallette salate. Una vera e propria catena di montaggio ante litteram, la prima industria della storia.
Bell’articolo. Una domanda a voi venetisti. Leggendo l articolo mi è venuto un dubbio. Molti cognomi veneti hanno un suffisso in oppure otto. arsenalotto… Non è che per caso tra i lavoratori dell arsenale anche le sottomansioni erano identificate con degli aggettivi? Ad esempio quelli specializzati in pece…peciotto o cose di questo genere? Troppo azzardato? Esistono altre teorie?